Arriva finalmente anche in Italia Longlegs: ultimo horror autoriale firmato da Oz Perkins tra killer, maledizioni e misteriose bambole
Arrivato al suo quarto lungometraggio, Osgood Perkins conferma il suo talento nel saper approcciare storie horror in maniera assolutamente magnetica per la spettatore. Con Longlegs vira sul thriller con elementi sovrannaturali, riuscendo ad inquietare e sorprendere nuovamente. Il suo modo di fare cinema lo apprezzo parecchio perché riesce a raccontare storie con pochi attori, non troppi spazi ma calando lo spettatore nella contorta mente dei suoi personaggi. Durate mai eccessive, ormai tutti i film devono superare le 2 ore, ma sapientemente riempite grazie a storie scandite da una sceneggiatura cesellata.
Un misterioso serial killer
Dopo un breve prologo, ci ritroviamo nell’Oregon degli anni ’90, dove l’agente dell’FBI Lee Harker (Maika Monroe) ha destato l’attenzione dei suoi superiori grazie alle sue doti sensitive durante un’indagine. Convocata dall’agente Carter (Blair Underwood), diventa sua partner nella caccia al pericoloso serial killer Longlegs (Nicolas Cage). Questo assassino si è macchiato di numerosi omicidi-suicidi di intere famiglie in tutto lo stato dell’Oregon negli ultimi 30 anni. Su tutte le scene dei delitti aveva lasciato delle criptiche lettere in codice con la sua firma ed alcune misteriose bambole. Unendo alcuni indizi, Harker inizierà a comprendere il significato dei messaggi e la chiave per catturarlo. Non senza aver capito che il misterioso uomo aveva avuto un legame anche con la sua famiglia, anni prima, durante la sua infanzia.
Il terrore è invisibile agli occhi
Uno degli aspetti che ho adorato di Longlegs è l’aver saputo instillare un cupo terrore nel pubblico. Se si tolgono giusto un paio di jumpscare (diretti però molto bene), Perkins è stato capace di stupire con quello che sta fuori fuoco nelle inquadrature. Ambienti cupi, in cui un angolo della stanza o l’apertura di una porta su un’altra stanza, possono rivelare macabre sorprese. Ogni fotogramma è pensato per far muovere la coda dell’occhio dello spettatore in quelle direzioni. Merito di quanto aveva imparato anche sul set di Sono la bella creatura che vive in quella casa, in cui riuscì ad inquietare in un unico ambiente domestico. Altro grande merito è l’aver saputo utilizzare ottimamente l’illuminazione, creando ambienti scuri ma visibili allo spettatore, con la supervisione del suo direttore di fotografia Andrés Arochi.
Un Cage da incubo
Sempre criticato, nonostante molti si siano dimenticati che nel 1996 vinse anche un meritato Oscar in Via da Las Vegas, negli ultimi anni Cage è tornato a scegliere ruoli in cui riesce ad esprimere tutto il suo istrionismo. Da Dream Scenario a Il colore venuto dallo spazio, Cage è stato scelto per ruoli (forse eccentrici) ma tutt’altro che semplici, riuscendo a conquistate pubblico e critica. Nei panni di Longlegs è indubbiamente sopra le righe, riesce però a mantenersi sempre spaventosamente disturbante come serial killer. Il suo look total white, la sua voce in falsetto ed il suo sguardo quasi assente lo hanno già reso iconico. La sua passione nel costruire bambole artigianali, che hanno una parte fondamentale nella realizzazione del suo piano, contribuiscono ad aumentare l’inquietudine quando è in scena.
Altro aspetto fondamentale in Longlegs sono i continui parallelismi che Perkins ci mostra tra il killer e Lee. Questo non solo per il passato di Lee, ma per la sua discesa nell’incubo arrivando sempre più vicina all’assassino. Per non citare almeno un paio di dissolvenze tra bambole e personaggi che ci ricordano l’abilità registica di questo cineasta. Nulla è lasciato al caso, tutto serve a raccontare la storia.
Well you’re slim and you’re weak
You’ve got the teeth of the hydra upon you
You’re dirty, sweet, and you’re my girl!
Con questo estratto di Get it On (Bang a Gong) dei T. Rex del 1971 si apre il film. La scelta è emblematica non solo per il mood della storia, ma anche per il perverso rapporto di ossessione tra Longlegs e Lee. Infatti, anche la colonna sonora risulta un altro punto a favore, capace di creare tensione e spezzare le scene con brani più famosi d’epoca. Come detto, nulla è lasciato al caso. Anche se la parte d’indagine non mi ha soddisfatto appieno, per lasciare entrare la trama nel terzo atto, lo trovo comunque un film ben costruito e con un comparto tecnico pressoché perfetto.
Longlegs è l’ennesima conferma del talento di Oz Perkins, un buon thriller capace di spaventare con tutto ciò che il regista ci fa intravedere ma che riusciamo a percepire nell’oscurità
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