Lumberjack the monster è l’ultimo lavoro di Takashi Miike, basato sull’omonimo romanzo di Mayusuke Kurai del 2019. Il film è stato presentato al Sitges Film Festival e ha debuttato in Giappone il 26 ottobre 2023 al Tokyo International Film Festival, seguito da un’ampia distribuzione da dicembre. In Italia è disponibile su Netflix da questo primo giugno.

Trama

Akira Ninomiya (Kazuya Kamenashi) è un freddo avvocato affetto da psicopatia che scopre di essere il prossimo obiettivo di un serial killer vestito da Lumberjack, il mostro di una storia per bambini. Quest’ultimo uccide le sue vittime secondo uno schema ben preciso: cresciuti in orfanotrofio, uno ogni tre settimane circa. L’uccisione comprende l’asportazione del cervello. É l’ispettrice Toshiro (Arai Nanao) a seguire il caso ufficialmente, che inconsapevolmente compete con le indagini che il nostro Ninomiya conduce in solitario.

Una chicca per gli amanti del giallo

Una cosa è certa: se non si è amanti del genere si rischia di prendere un granchio, questo non è il Takashi Miike che siamo abituati a conoscere. Di horror c’è ben poco, dimenticatevi lo splatter di Ichi The Killer e la violenza di Visitor Q, in questo caso il regista ci regala solo qualche timido schizzo di sangue. Il mostro? Lui fa parte di un libro per bambini che funge da fil rouge per una storia con un finale molto interessante, ma che forse non regge il peso delle due ore di pellicola precedenti. Ma attenzione: sempre se ci si aspetta un horror. Per gli appassionati di thriller investigativi invece potrebbe risultare come una bella sorpresa nel catalogo Netflix. Poco sangue e tante indagini quindi nel nuovo lavoro di Miike, che fa un tentativo nel mondo investigativo con personaggi freddi e calcolatori.

Il tema del mostro

C’era una volta, in un luogo lontano, Lumbrjack the monster. Il mostro fingeva di essere un taglialegna e viveva in un villaggio tra gli umani. Nascondeva le sue grandi orecchie e le zanne affilate, così nessuno si accorgeva che era un mostro.”

Usando le parole di Francesco Ferreri (antropologo e divulgatore su Instagram e Spotify come Antropoché), viviamo in una cultura che discrimina e che riconosce nelle sfumature che ci rendono unici un errore. Tutti inseguiamo la norma e abbiamo molta paura di disobbedire. Introiettando la norma stessa, questa diventa una vocina cattiva che ci rende troppo alti, troppo rumorosi, troppo grassi. Scopriamo quindi che il mostro è sempre dentro di noi, e che è sempre umano. Ed è proprio questo che si domanda il taglialegna nella storia di Lumberjack the monster, il mostro che si fingeva taglialegna per entrare nella casa degli innocenti per ucciderli con un’ascia: sarò forse ormai più un taglialegna che un mostro? Quindi: sarò forse umano?

Passo più tempo come taglialegna che come mostro. Forse non sono un mostro, ma solo un taglialegna. Lumberjack the monster improvvisamente divenne confuso su chi fosse veramente.”

Forse quello che Miike ci propone è un ragionamento sulla mostrificazione della società e su quanto il mostro sia in tutti noi. È in tutte le nostre divergenze: sociali, caratteriali, appartenenti al nostro corpo e non, tutto ciò che nella nostra società è a-normale. In più, quasi tutti i personaggi del film sono affetti da psicopatia e gli eventi ci portano spesso a chiederci cosa sia un mostro, chi abbia ragione o torto, cosa sia più giusto o più sbagliato. Ed ecco che infatti emerge la funzione principale del tema del mostro: distinguere il bene dal male. Una cosa che Miike rende molto difficile in questo film.

Lumberjack the monster in generale potrebbe apparire come lento se ci si aspetta la dinamicità che lasciava a bocca aperta tipica dei capolavori classici del regista. Ma se si presta attenzione alle tematiche, alle domande che suscita e si guarda consapevoli del fatto che è a tutti gli effetti un giallo-thriller può essere una visione interessante e perché no, con ottimi colpi di scena.

Classificazione: 2.5 su 5.

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