Il cinema di tensione e di paura ha spesso e volentieri corteggiato bambole e burattini. Inermi e in teoria innocui oggetti che, visti da una certa prospettiva, contengono però un’innata carica di sinistra inquietudine.
Menzione speciale per il connubio ventriloquo-pupazzo, già ammirato in uno degli episodi del sorprendente film Incubi notturni (1945) ma sublimato nel 1978 in un horror psicologico partito in sordina ma divenuto in breve un vero cult e un punto fermo di questo sotto genere. Magic.
LA TRAMA
Seguiamo la vicenda personale e professionale del prestigiatore ventriloquo Corky Withers, giunto ad una svolta cruciale della sua carriera. Il suo numero principale prevede la presenza di un pupazzo (Fats) a cui da voce e personalità in maniera così brillante da rendere celeberrimo il locale dove si esibisce di serata in serata.
L’occasione d’oro gliela procura il suo agente portando il giovane ad un passo dalla firma di un contratto con una televisione nazionale.
La prospettiva di una visita medica (necessaria per l’approdo al network) turba però la serenità del giovane mago che cerca di prendere tempo rifugiandosi a insaputa di tutti nei luoghi dell’infanzia, in una ormai dimenticata località di villeggiatura fuori città.
L’incontro con un suo vecchio amore non corrisposto e l’insistenza del suo agente, che lo rintraccerà, innescheranno una serie di eventi distruttivi per i già fragili equilibri della mente di Corky, sempre più succube del suo “io” alternativo che vive per bocca del pupazzo Fats.
UNA STORIA SEMPLICE
La diffidenza nei confronti del personaggio ventriloquo, lo dicevamo, non è una novità per il cinema, tanto appare strano che sia possibile creare una simile alchimia tra due entità che sul palco appaiono egualmente credibili e vere.
Magic parte da questo punto di partenza ma riesce a far entrare lo spettatore ancora di più nel tormento che talvolta può affliggere creatore e creatura, quando le parti dell’una si fondono nell’altra per creare un miscuglio che è poi impossibile separare.
Corky Withers è un uomo debole, ossessionato e vessato da una vita che aveva sognato da protagonista per poi trovarsi accantonato nel mucchio dei perdenti. Ad un passo dal baratro trova Fats a dargli una mano e così inizia una risalita verso quel successo tanto sperato.
Fats (terribilmente e inspiegabilmente tradotto come Forca, nella versione italiana del film) racchiude la spregiudicatezza, la decisione e la capacità di reagire che mancano al protagonista, ma che sfortunatamente per lui, prendono una vita propria, anche a suo discapito.
DALLA PAGINA ALLO SCHERMO
Notevole il libro di Goldman, sceneggiatore di razza più volte premiato con l’ Oscar, che solo due anni prima aveva fatto uscire nelle librerie questa storia di ossessione, scritta con un piglio già molto cinematografico.
Bisogna ammettere che (con buona pace di chi difende a priori i libri dalle trasposizioni cinematografiche) il Magic di celluloide è sicuramente un esempio di come si possa trasportare un libro in immagini rispettandone l’essenza.
Pur con qualche concessione al cast (qualche attore di supporto lontano dalla descrizione del romanzo) la vicenda viene narrata in maniera fedele e può contare in un attore protagonista superbamente in parte.
Mancano nel film alcuni aspetti molto interessanti del romanzo (che comunque è consigliato prima della visione) come gli estratti del diario tenuto dal protagonista…Fats!
UN GRANDE HOPKINS
Non ci dilungheremo sulle straordinarie doti dell’attore attore che proprio quest’anno ha ricevuto il secondo premio Oscar.
Sta di fatto che Anthony Hopkins, all’epoca non famosissimo, ha contribuito in maniera indiscutibile alla riuscita di questo insolito thriller psicologico.
In scena per quasi tutto il tempo, l’attore trasmette in maniera palpabile il crescente stato di disagio del protagonista, diviso tra la possibilità di toccare con mano quella felicità tanto attesa e la consapevolezza di non poterla raggiungere. Doveroso anche notare che nella versione originale è lo stesso Hopkins a dare la voce all’inquietante pupazzo Fats.
DA VEDERE PERCHE’?
Thriller che ancora oggi mantiene intatta la sua natura dirompente, scritto magnificamente, girato e interpretato da due talenti in terra straniera (i britannici Attenborough e Hopkins) Magic è un film nel quale risplende ancora quella Hollywood che sapeva trarre il meglio dai successi letterari ed aveva il coraggio di puntare su autori non convenzionali, creando piccoli capolavori.