Durante gli anni più prolifici del J-Horror fu realizzato Marebito, il regista Takashi Shimizu veniva dal grande successo di Ju-on (The Grudge), poco prima di andare a girare il remake americano.
Marebito, trama: Masuoka è un cameraman che soffre di depressione, resta folgorato da un video trasmesso in tv dove un uomo si suicida nella metropolitana davanti a decine di persone. Masuoka nota come gli occhi della vittima, un istante prima di togliersi la vita, riflettano una sensazione di terrore puro. Il desiderio ossessivo di saperne di più lo convince a inoltrarsi nella labirintica zona sotterranea della città…
La regia di Takashi Shimizu
Shimizu è uno dei più popolari registi del J-Horror (japanese horror), diventato famoso grazie alla saga di Ju-on (The Grudge). Marebito è stato girato in digitale in soli 8 giorni di riprese e con un budget di 42 mila dollari. Decise di affidarsi al grande talento di Shin’ya Tsukamoto, qui protagonista. Tsukamoto è uno dei registi più interessanti del cinema giapponese dagli anni ’80 ad oggi, film come Tetsuo e Tokyo fist sono infatti dei cult assoluti.
Dal punto di vista stilistico Marebito si discosta un po’ dal tipico horror giapponese, qui ci troviamo davanti ad un’orrore più morboso e decisamente macabro. In parte la fotografia ricorda i lavori del maestro (e collega) Kiyoshi Kurosawa, film come Kairo, Seance, e Cure. Atmosfere estremamente cupe, ritmo lento ed ipnotico, che incute terrore senza mostrare troppo allo spettatore. Di Shimizu consiglio di recuperare anche altri due horror non molto conosciuti (comunque inferiori a Marebito), ovvero Reincarnation (2005), e The Shock Labyrinth (2009).
Un film complesso ed oscuro
Mentre si addentra in questo misterioso luogo sotterraneo, il protagonista si imbatte in una giovane ragazza, completamente nuda ed incatenata ad un muro. È muta, bellissima, e Masuoka non esita a portarla a casa con sé. Scopre che la ragazza non mangia né beve nulla, trascorre la maggior parte della giornata dormiente nel suo appartamento angusto di Tokyo. Tutto sembra stravolgersi quando Masuoka si taglia un dito con un pezzo di vetro, risvegliando la strana ragazza dal suo torpore, magneticamente attratta dal sangue.
La storia si svolge soprattutto a livello psichico, ci chiediamo se il protagonista sia semplicemente pazzo, e quello che vede è solo la conseguenza del non prendere più le sue medicine. Per un po’ non si riesce ad ottenere una risposta diretta, ma uno spettatore attento troverà alcuni indizi che gli permetteranno di risolvere questo puzzle. Shin’ya Tsukamoto si dimostra un attore molto espressivo, nei panni di un uomo consumato dal bisogno di provare un terrore vero e genuino.
«I suoi occhi non hanno visto qualcosa che lo ha terrorizzato. Hanno visto qualcosa proprio perché egli è terrorizzato.»
- Shin’ya Tsukamoto in una scena del film, in riferimento all’uomo che si è suicidato nella metropolitana.
Un horror lovecraftiano
L’orrore che deriva dall’abisso dell’anima umana, il bisogno di una conoscenza molto più arcana. Marebito non è tratto da un’opera di H. P. Lovecraft ma in una scena ci ritroviamo At the mountains of madness, come nel suo libro. Gli infiniti tunnel, le scale a chiocciola e gli stretti corridoi creano davvero l’idea di un mondo nascosto che giace in profondità, sepolto per una ragione che non conosciamo. I racconti di Masuoka su esseri enigmatici che si nascondono negli abissi riescono ad inquietare senza che vediamo nulla. La colonna sonora cupa e minimalista contribuisce a ricreare questa atmosfera, mentre insieme al cameraman sprofondiamo in un misterioso mondo oscuro.
Marebito riesce ad evocare un disagio persistente, visibile anche dagli occhi del protagonista che ricerca il terrore e la follia in maniera sempre più malsana, senza curarsi della sua anima ormai frammentata. La costruzione del viaggio negli inferi è molto curata, durante il film risulta azzeccata anche la scelta della videocamera maneggiata da Masuoka, un’ulteriore prospettiva che mette in dubbio o conferma quello che sta vivendo.
In conclusione
Takashi Shimizu riesce a creare un film dall’atmosfera estrema, teso, affascinante ed inquietante. Un horror insolito ed originale, diverso da quello a cui siamo abituati. La discesa del protagonista riguarda anche l’abisso dell’anima umana ed è anche per questo motivo che rimane impresso per molto tempo dopo la visione. Mi è capitato di ripensare a Marebito mentre guardavo la parte finale di La casa di Jack, di Lars von Trier, e penso che anche il regista danese sia stato in parte ispirato dal film di Shimizu.
Non è un film facile da recuperare, purtroppo il dvd risulta fuori catalogo e va cercato di seconda mano, spendendo qualcosa in più. Marebito non è sicuramente adatto a tutti, ma se vi piacciono gli horror più psicologici e d’atmosfera, allora è un film assolutamente da recuperare.
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