Ritorna nelle sale, dopo l’acclamato e odiato Hereditary, il regista Ari Aster con il suo secondo lungometraggio Midsommar – Il villaggio dei dannati.

Una pellicola ancora più particolare del primo film in quanto, se in precedenza Hereditary basava la narrazione su un elemento tipico del genere, ovvero il sovrannaturale, in quest’opera l’horror è rappresentato dal folklore svedese e in particolar modo dalle disturbanti e violente cerimonie del villaggio Harga, usate per raccontare in modo metaforico la lenta accettazione della fine di un amore e del dolore causato da un dramma familiare.

Non si tratta di un horror basato sul jumpscare, ma l’esatto opposto: Midsommar è un film d’atmosfera che si prende il suo tempo per immergere lo spettatore non nella paura, ma bensì in un crescendo di tensione ed ansia.

Elementi fondamentali del film, come in Hereditary, sono i simboli ricorrenti, in particolare i disegni visibili all’interno del dormitorio dei protagonisti: ogni illustrazione anticiperà la maggior parte dei rituali che ci verranno successivamente mostrati, in modo molto più violento rispetto a quanto lo spettatore potesse immaginare.

L’opera si può dividere in due sezioni e noi seguiremo la narrazione dal punto di vista della protagonista Dani Ardor (Florence Pugh).

La prima parte del film è la più cupa, caratterizzata dai colori rosso e blu. Quest’atmosfera rappresenta la paura della protagonista: ci verrà infatti mostrata nuovamente soltanto durante un incubo. In questa prima parte Dani vivrà un dramma personale, verranno messe in mostra tutte le sue fragilità ed in particolare la paura di essere abbandonata. Nonostante la sua relazione sia giunta al termine nessuno dei due partner trova il coraggio per lasciare l’altro, soprattutto dopo il lutto. Il suo fidanzato Christian (Jack Reynor) deciderà quindi di invitare Dani ad una vacanza in Svezia con i suoi compagni di università.

Questa vacanza è organizzata dal loro amico Pelle (Vihelm Blogran) che ha deciso di ospitare tutto il gruppo nel suo villaggio d’origine, dove si svolgerà una particolare celebrazione che ha luogo solo una volta ogni 90 anni.

La seconda parte del film è quella che contiene maggiormente l’elemento horror, mantenendo però un’atmosfera tutt’altro che cupa: ci troveremo in un paesaggio svedese bucolico e idilliaco caratterizzato dai colori della natura e dal bianco dei vestiti dei componenti della comunità; a rendere ancora più particolare questa pellicola è il fatto che tutte le scene più crude e disturbanti siano ambientate in pieno giorno, con lo spettatore posto di fronte a bad trip da allucinogeni e sacrifici umani. Con questa atmosfera il regista cerca di mostrarci attraverso gli occhi di Dani come all’interno di questo villaggio lei possa affrontare la sua paura e iniziare il suo viaggio, attraverso i diversi rituali, verso l’accettazione del dolore.

midsommar

Il film fa molta leva sul contrasto, non solo per quanto riguarda l’estetica del film ma anche per la netta divisione che mette a confronto le persone che abitano il villaggio, vestite di bianco e che hanno come forza la condivisione e con le quali la protagonista sta legando e si sente compresa, contro il gruppo di amici in continua competizione e tutti, vestiti ovviamente in modo normale.

La violenza all’interno del film è principalmente visiva attraverso scene crude ed esplicite sempre funzionali alla narrazione e collocate durante i riti e le cerimonie della comunità.

Midsommar è quindi un’opera estremamente curata nel dettaglio che sconvolgerà lo spettatore fra scene grottesche e di tensione.

 

Voto Finale
85%

 

A cura di Jenny Pace