«Directed by Alfred Hitchcock». Così i titoli di coda, accompagnati da una colonna sonora, ci conducono in un’altra storia di pura tensione. Trascorrono oggi 44 anni dalla scomparsa del Maestro della suspense Alfred Hitchcock, che ha lasciato un’eredità cinematografica indelebile, di cui fa parte anche Nodo alla gola (1948). Tratto dall’opera teatrale di Patrick Hamilton, è uno dei capisaldi del genere thriller, stroncato dalla critica all’epoca e accolto con freddezza dal pubblico.
La trama
Due studenti universitari, Brandon Shaw (John Dall) e Phillip Morgan (Farley Granger), organizzano una festa nell’attico in cui convivono. Tra gli invitati c’è anche l’amico ed ex compagno David Kentley, che si presenta per primo. Segue una lite animata fra i due e quest’ultimo, che finisce per essere strangolato con una corda. Brandon e Phillip nascondono poi il cadavere di David in un baule antico, sul quale faranno apparecchiare la tavola per non destare sospetti. Tuttavia, l’arrivo alla festa di un loro ex professore, Rupert Cadell (James Stewart), farà vacillare il loro piano.
L’arte del crimine
Nodo alla gola esplora il tema della moralità e della giustizia, mostrando come i due giovani studenti universitari decidano di commettere un omicidio per dimostrare la loro superiorità intellettuale, sfidando le leggi morali e sociali. La superbia e l’arroganza di Brandon contrastano con la pavidità di Phillip, e questo attrito lo si percepisce dall’inizio alla fine. Il movente dell’omicidio si limita al compiere un crimine per il solo gusto estetico. Il tutto poi si declina in un discorso filosofico su Nietzsche e la teoria dell’oltreuomo.
Brandon e Phillip, si considerano superiori agli altri per la loro intelligenza e capacità di manipolare gli eventi. Tuttavia, la loro arroganza li porta a sottovalutare le conseguenze delle proprie azioni. Convinti di aver compiuto il delitto perfetto, iniziano ad avere delle incertezze dal momento in cui entra in scena Rupert, persona attenta e per niente sprovveduta, che man mano snocciola il loro piano.
La trama si concentra sulla tensione psicologica tra i personaggi mentre cercano di nascondere il loro crimine. La paura di essere scoperti e la paranoia aumentano man mano che gli indizi si accumulano. Rupert, come un detective, tra una chiacchiera e l’altra, arriva alla soluzione del crimine. Mentre la storia si sviluppa, emergono sensi di colpa e rimorso nei protagonisti, soprattutto quando vengono messi di fronte alle conseguenze del loro crimine.
Il caso Leopold & Loeb
Per la stesura della sua pièce teatrale, Patrick Hamilton si ispira ad un caso di cronaca nera che ha scosso l’America degli anni Venti. Il 21 maggio 1924 a Chicago, Nathan Leopold e Richard Loeb – apparentemente in una relazione – si appostano fuori da una scuola e rapiscono il 14enne e lontano cugino di Loeb, Bobby Franks. Un colpo fatale alla testa con uno scalpello uccide il ragazzo, il cui cadavere viene occultato poi in una zona lontana nell’Indiana. Quando il corpo viene rinvenuto da un immigrato polacco, Nathan e Richard cercano di liberarsi di tutto ciò che potenzialmente potrebbe incastrarli. A farlo, però, saranno gli occhiali di Nathan, ritrovati sulla scena del crimine. I due vengono condannati all’ergastolo, salvati grazie al loro legale Clarence Darrow, noto per essere un oppositore della pena capitale.
Le restrizioni imposte dal Codice Hays
Nodo alla gola era considerato «trasgressivo» all’epoca, dal punto di vista sociale. A maggior ragione se si pensa che era in vigore il Codice Hays, un insieme di regole e norme morali da seguire per la produzione e la distribuzione di film in America. Ideato dal politico Will Hays e introdotto ufficialmente nel 1934, il Codice si basava su tre princìpi generali. Il primo, secondo il quale «Non sarà prodotto nessun film che abbassi gli standard morali degli spettatori». «Saranno presentati solo standard di vita corretti, con le sole limitazioni necessarie al dramma e all’intrattenimento», si legge nel secondo punto. Infine nel terzo, si discute del fatto che «La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo, né sarà mai sollecitata la simpatia dello spettatore per la sua violazione».
Tra le varie limitazioni, c’era anche il divieto di rappresentare l’omosessualità in quanto considerata una «perversione sessuale». Nonostante ciò, Hitchcock riesce comunque a far trasparire in maniera sottile il feeling tra i due protagonisti, rimanendo così più fedele alla realtà.
Il Codice Hays sopravvive fino al 1968, quando la Motion Picture Association of America decide di approvare un nuovo sistema di classificazione dei film.
Un film tutto d’un fiato
La particolarità di Nodo alla gola risiede nelle riprese. Hitchcock utilizza dieci piani sequenza, una tecnica per creare un senso di continuità e immersione nell’azione. Il film è stato girato in modo tale da sembrare un insieme di scene apparentemente ininterrotte, aumentando il grado di suspense. Contribuisce a ciò anche l’uso della profondità di campo, che permette agli spettatori di vedere sia gli eventi principali che gli indizi subdoli disseminati nell’ambientazione. Inoltre, Hitchcock sfrutta abilmente l’illuminazione per creare atmosfere cupe e suggestive, enfatizzando il senso di pericolo e segretezza che permea il film.
La scelta degli angoli di ripresa non è mai casuale; angoli insoliti e prospettive inusuali aggiungono un elemento di disorientamento al film, contribuendo a creare un’atmosfera altalenante a livello emotivo. Infine, il montaggio ritmico aumenta la suspense e accelerare il ritmo narrativo, specialmente durante i momenti cruciali del film.
In conclusione, Nodo alla gola è un capolavoro di suspense psicologica che mostra il genio di Alfred Hitchcock nella creazione di tensione e nell’esplorazione dei temi profondi e universali. Grazie alle sue tecniche di regia innovative e all’abilità nel costruire narrazioni coinvolgenti, il film rimane ancora oggi un classico intramontabile del cinema thriller.
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