Dal 17 marzo è disponibile sul catalogo di Netflix il thriller belga Noise, diretto da Steffen Geypens. Un progetto con dei materiali di base interessanti ma con uno sviluppo insoddisfacente.

Locandina del film

Tante informazioni lasciate in sospeso

Sono diverse le ragioni per cui sono rimasta delusa dalla visione di questo film. Inizierei dalla trama, che vede come protagonista Matthias (Ward Kerremans), giovane influencer e da poco divenuto padre, il quale decide di trasferirsi insieme alla fidanzata Liv (Sallie Harmsen) e al piccolo Julius nella vecchia casa dei genitori, nella desolazione della campagna belga. Tutto sembra andare per il meglio, finché Matthias non inizia ad indagare su un incidente nella fabbrica chimica Soubaylo, collegato a suo padre Paul, ormai anziano, affetto da demenza e ospite in una casa di cura. Ben presto Matthias è avvolto da un vortice di ossessione e maniacalità che lo porterà poi alla scoperta di inquietanti segreti del suo passato.

Come ho accennato nell’introduzione, non si può dire che la trama del film non sia interessante. Si può però sottolineare una quasi totale mancanza di approfondimento della stessa. Lo spettatore è illuso dalla prima parte della pellicola, che funge da introduzione/premessa alla seconda parte e che tuttavia ha un ritmo narrativo piuttosto statico, con sequenze ambigue, qua e là, fine a sé stesse. La distribuzione dei fatti lungo la durata del film è, a mio parere, sbilanciata e chi guarda rimane con un “e quindi?” in testa fino a mezz’ora dalla fine. Ad esempio, non si approfondisce mai veramente la questione dell’incidente in fabbrica e del coinvolgimento del padre di Matthias. Come per molti altri aspetti rimane solo un accenno. In sostanza, questo film sembra voler raccontare di più di quello che invece alla fine effettivamente illustra. Se l’obiettivo iniziale era quello di intrattenere, coinvolgere e suscitare curiosità, non posso dire che sia stato raggiunto.

Il rumore come motivo centrale ha un’accezione molto letterale

Mi sono soffermata sul titolo del film. Il rumore all’interno della pellicola è collegato perlopiù ai suoni che circondano il protagonista (il pianto del figlio ad esempio) e che gradualmente sembrano diventare insopportabili. Tuttavia, secondo me, il rumore si collega in maniera stretta alla sfera psicologica: il rumore incessante dei pensieri nella testa di Matthias, che accecato dall’ossessione ha una visione della realtà distorta. La linea tra realtà e finzione è pressoché nulla nella seconda parte del film. Questo va in netto contrasto con una realtà esterna prevalentemente calma e silenziosa, data dall’ambiente isolato e tranquillo della campagna. Mi sarebbe piaciuto, quindi, vedere una diversa rappresentazione del motivo ricorrente di questo film.

Noise è un film che mette tanta carne al fuoco, ma non la lascia cuocere. Crea delle aspettative nello spettatore, che crede di trovarsi di fronte a una storia scorrevole, accattivante e introspettiva e invece gli viene presentato tutt’altro. Una trama ricca di elementi da approfondire lasciata in superficie e momenti di tensione o suspense praticamente assenti. Dialoghi piuttosto banali e scarni e fotografia dai toni olivastri non particolarmente d’impatto.

Classificazione: 2 su 5.

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