Sono passati 48 anni dal massacro visto in Non Aprite Quella Porta del grande Tobe Hooper e quel Leatherface è pronto a tornare in azione!
Ho usato l’aggettivo dimostrativo per indicare il maniaco visto nel film originale e non le sue seguenti incarnazioni cinematografiche. Infatti il film di David Blue Garcia si pone come sequel diretto al film del 1974. Lo so, c’erano già stati il film del 1986 sempre di Hooper e il discutibile capitolo in 3D del 2013, ma sono stati cancellati dalla continuity. Che poi è la stessa cosa che è accaduta con la saga di Halloween, con la nuova trilogia di David Gordon Green come sequel diretto del capostipite carpenteriano. Quindi questo Non Aprite Quella Porta merita una visione? La mia risposta è sicuramente sì. Il progetto imbastito dagli esperti Alvarez e Sayagues (il remake de La Casa vi dice nulla?) è un atto d’amore al film di Hooper. Forse meno sporco e perverso nella rappresentazione malata di una famiglia maniaca del profondo Texas, ma con molti spunti di riflessione e critica della società moderna.
Modernizzare tutto per non cambiare niente
In questo Non Aprite Quella Porta quattro amici e non cinque si stanno recando nella quasi disabitata Harlow. Non siamo più a bordo di uno scassato van impregnato di sudore, ma su una moderna macchina dalla guida automatica. Già solo in questi primi minuti abbiamo la percezione del cambiamento dei tempi. Guidare all’avventura, affrontando l’ignoto (1974) o lasciarsi trasportare da un freddo ed anonimo navigatore (2022). Cosa c’è di più spaventoso?
Nel gruppo ci sono: Dante e Melody, rinomati chef che sognano di aprire nuove attività nella sperduta cittadina, insieme a Ruth e Lila. La prima è la fidanzata di Dante e la seconda è la sorella minore di Melody. Elsie Fisher si dimostra convincente nell’interpretare una ragazza solo all’apparenza fragile per via del suo passato. Alcuni flashback ci mostrano fin da subito come la ragazza sia stata vittima di una sparatoria nella sua scuola e sia stata ferita. Non è la sopravvissuta da compatire, ma una ragazza che vuole dimostrare il suo coraggio per la seconda opportunità avuta. Il viaggio dei quattro servirà ad accogliere ad Harlow potenziali investitori, che arriveranno poco dopo in autobus. Quello che non sanno è che un oscuro passato dimora ancora nel profondo Texas.
In Non Aprite Quella Porta può Leatherface provare dei sentimenti?
Ho davvero apprezzato il modo in cui è stato mostrato Leatherface nel film. Quando Dante e Melody entreranno in quello che una volta era l’orfanotrofio, avranno il primo incontro con lui. A differenza di Non Aprite Quella Porta di Hooper, il maniaco ci viene fatto intravedere, per tutto il primo atto, senza maschera di carne. Addirittura la prima volta che Melody sale le scale compare seduto sullo sfondo. Ho trovato molto coraggiosa questa scelta che dimostra anche come l’uomo si sia trovato inserito in un contesto in cui era per la prima volta davvero amato. Virginia, l’anziana donna che gestì negli anni l’orfanotrofio, prese con sé l’uomo senza conoscere (o forse facendo finta di non sapere) nulla del suo passato. In questo modo è sopravvissuto per quasi 50 anni nascondendosi, fino all’arrivo dei giovani ed all’intimazione di sfratto per Virginia.
Sarà la morte per infarto della donna a far indossare ancora una volta all’uomo la maschera di Leatherface. Anche se non viene mai ampliata la caratterizzazione del personaggio, che rimane ancora nebulosa, percepiamo il profondo affetto che aveva per Virginia. Un amore quasi materno, che gli aveva permesso di sedare i suoi brutali istinti omicidi per tutti questi anni. Da quel momento in poi sarà un vero bagno di sangue in cui i giovani investitori hipster faranno la fine delle mucche al macello!
Giovani idealisti o setta? Dove si nasconde davvero il Male?
Come dice il meccanico di Harlow ai quattro amici all’inizio di Non Aprite Quella Porta: forse i loro progetti di modernizzare una città fantasma, ignorando completamente il passato per i loro scopi, li rende una setta. Forse questa volta ci troviamo di fronte ad un ribaltamento dei ruoli. La critica si sposta dall’ignoranza e la ferocia di una famiglia redneck a nuove generazioni che pensano di avere tutte le risposte. Se ci pensiamo era la family che influenzava i comportamenti di Leatherface nel film del 1974, qui invece il suo istinto omicida è riacceso dalla bramosia di modernità dei ragazzi. Il concetto di famiglia e l’idealismo verso il futuro non sono in sé sbagliati, cambia solo il contesto e i modi in cui vengono attuati. Questo può essere pericoloso, questo può attrarre davvero il Male, questo porta ai massacri di Leatherface!
Spegnete quegli stupidi smartphone!
Forse la scena migliore del film è quella del massacro dei giovani investitori sul bus. Leatherface scatena tutta la sua violenza e li fa letteralmente a pezzi con la sua motosega. Con una fotografia virata sui toni del blu e viola al neon, il sangue ed il terrore dei volti spaventati rimangono impressi nella mente dello spettatore. Qui gli autori criticano anche il sempre più invasivo uso degli smartphone nella nostra vita. Un pazzo, con una maschera di pelle umana in volto e motosega in mano, entra su un bus e la prima reazione è premere play sui nostri device. Ormai non desideriamo nemmeno più vivere la paura, dobbiamo solo mostrarla al resto del Mondo. Decine di piccoli schermi che si spegneranno solo per l’agghiacciante vorticare metallico della motosega di Leatherface.
Squarci dal passato
La ciliegina sulla torta è il ritorno di Sally Hardesty, la final girl del film di Hooper. Interpretata da Olwen Fouere, dopo la morte di Marilyn Burns nel 2014. Il suo personaggio è diventato un ranger che nel tempo libero macella bestiame. Da quasi 50 anni sogna la vendetta per i suoi amici, che ritornano nella polaroid che venne scattata dell’autostoppista che incontravano all’inizio del film del 1974.
L’aspetto che non ho apprezzato di questa Sally è l’essere molto simile alla Laurie Strode vista nei recenti Halloween. Il personaggio ha sì un conto in sospeso con Leatherface, ma è il maniaco a non essere più ossessionato da lei. Per lui le vittime sono tutte carne da macello, non esiste il rapporto (più volte modificato in continuity) tra il personaggio della Curtis e Michael Myers. Non abbiamo nemmeno la certezza che lui riconosca la sopravvissuta che gli sfuggi decenni prima!
L’aspetto che invece ho apprezzato è il rapporto tra sorelle, molto diverse tra loro ma molto complici, che le porta a diventare delle final sisters (o quasi). Un rapporto dove l’intraprendenza di Melody ha bisogno anche del coraggio e del sangue freddo di Lila, e viceversa.
Emblematico, infine, che lo scontro finale si svolga nel vecchio cinema di Harlow, ormai a pezzi. Il luogo dell’atto finale del film è anche un monito alla situazione odierna delle sale. A rinnovare il bisogno nel pubblico di vivere esperienze che solo il grande schermo riesce ancora a regalare. Ironico lo dica un film finito proprio su Netflix!
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Ottima recensione che condivido in pieno, non capisco perché in tanti stronchino questo bel film, ok non è un capolavoro, ma fa il suo dovere e soprattutto ha una critica sociale che per una volta si scaglia contro chi solitamente viene fatto passare per il giusto della situazione. Spero vivamente che almeno sta volta, non essendo Netflix original, il film venga rilasciato anche in DVD.