Con il suo Nope, Jordan Peele cerca di reinventare il blockbuster estivo con un film assolutamente da non perdere in sala. Un regista che è senza dubbio in grado di sorprendere.
Dopo il brillante esordio con Get Out nel 2017, vincitore del premio Oscar per miglior sceneggiatura, Peele aveva scelto un’opera seconda decisamente più surreale: Us – Noi. Due film validissimi e anche diversi fra loro, Get Out è un film che fa più leva sulla componente sarcastica, mentre Us è un horror più puro è carico di simbolismi. Questo terzo film, Nope, si allontana solo apparentemente dall’horror classico, ed è un film che osa qualcosa in più mescolando la fantascienza con l’horror e il monster movie. C’è da sottolineare che qui Peele ha avuto a disposizione un budget più alto (68 milioni), che non sta avendo problemi a superare dall’uscita americana del 22 luglio, distribuito da Universal.
Nope riunisce Peele con il premio Oscar Daniel Kaluuya (Scappa – Get Out; Judas and the Black Messiah), e si aggiungono Keke Palmer (Le ragazze di Wall Street; Alice) e Steven Yeun (The Walking Dead; Burning; Minari) nei panni dei residenti di una valle solitaria dell’entroterra della California, testimoni di una scoperta molto inquietante. Nel cast anche Michael Wincott e Brandon Perea, che aiutano i due fratelli protagonisti. Il film è ambientato a nord di Los Angeles, nell’arida e sconnessa Santa Clarita Valley, California meridionale.
Un’esperienza unica in IMAX
Le riprese si sono svolte nell’autunno 2021. Si diceva che il titolo fosse l’acronimo di Not Of Planet Earth ma Peele in seguito ha rivelato che si riferisce più alla reazione che sperava di suscitare nel pubblico, Nope è infatti una risposta tipica americana: Nope, done, that’s it!
<<Quando giri in IMAX, sai che stai facendo qualcosa di speciale, a livello cinematografico>>, afferma Peele. <<Non c’è niente di paragonabile alla visione di un film girato con telecamere IMAX in un cinema IMAX. L’immagine è talmente travolgente da sostituire la propria visione. Non sembra di assistere ad una scena, ma di farne parte. Questa d’altronde è stata la chiave di questo progetto: volevo l’immersione, quel timore reverenziale, la paura e la meraviglia che tutti abbiamo provato da bambini>>. E come dargli torto?
Jordan Peele, le similitudini con i due film precedenti
Nope, come i due film precedenti, cerca di approfondire alcune tematiche senza esplicitarle troppo nel racconto, in una sceneggiatura sempre stratificata e non banale. Per questo motivo i film di Peele necessitano almeno di una seconda visione per essere compresi al meglio. Nope vuole essere uno spettacolo in sé ma anche una critica sulla ricerca ossessiva della spettacolarità, ai danni di altri ma anche di noi stessi. Quando i personaggi centrali del film si ritrovano davanti a questo fenomeno inspiegabile, cercano prima di tutto di documentare questo spettacolo. <<Nel DNA del film c’è il grande interrogativo sulla dipendenza umana dalla spettacolarità. E quando c’è di mezzo il denaro, c’è uno sfruttamento massiccio di ciò che dovrebbe essere puro e naturale>>. Questa dichiarazione di Jordan Peele racchiude quasi tutto il significato del film, e dei suoi personaggi.
Questo terzo film risulta meno compatto di Get Out, più disgregato nella narrazione ma non in senso negativo. Us diversamente da questi due era un film molto più aperto a interpretazioni, con una parte finale che diventava quasi un test di Rorschach. Parlandone dopo la visione con altre persone, sembrava quasi che avessimo visto due film diversi (chi razionalizzava troppo e chi meno). Quello che davvero lega i suoi tre film è l’intenzione di rivisitare e mescolare i generi senza mai risultare convenzionale. Le soluzioni narrative e visive sono sempre inaspettate, e con un’impronta stilistica sempre personale. A caratterizzare i suoi lavori è anche la cura meticolosa per il sound design, oltre all’uso di canzoni insolite adattate a situazioni che non ti aspetteresti.
Qualcosa si nasconde nel cielo
Nope si sofferma (anche) sulla relazione contorta tra spettacolo e pubblico. Peele cerca di mostrare cosa succede quando quello spettacolo non può più essere controllato. Senza scendere troppo nei dettagli c’è anche un parallelismo interessante su come cerchiamo di domare gli animali (e/o noi stessi) soltanto per lo spettacolo. La minaccia che incombe si nasconde dietro le nuvole, osserva i protagonisti dall’alto. Uno schema che funzionerebbe anche senza mostrare nulla, ma non era questo il tipo di film che voleva fare il regista.
Il primo paragone che viene in mente guardando Nope è Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg. Ma questa similitudine è presente più nell’atmosfera generale e nell’approccio iniziale da genere classico. Peele si allontana molto da Spielberg nel modo in cui infrange continuamente le convenzioni da film più hollywoodiano. Signs di Shyamalan è un altro riferimento importante, soprattutto per l’uso di ampi spazi e di riprese notturne fuori dalla casa, in Nope fuori dal ranch.
Casting e recitazione
Daniel Kaluuya e Keke Palmer sono la coppia perfetta per questa storia. Mostrano una complicità spontanea, lei decisamente più carismatica e lui più riflessivo e solitario. Kaluuya è OJ, un personaggio che riesce a mantenere sempre la calma, anche di fronte a un disco volante, capace di essere ironico in diversi momenti. Keke Palmer sembra un personaggio più tarantiniano, la sua Emerald ha un forte desiderio di riscatto. Senza mai prendersi troppo sul serio riesce a sdrammatizzare con naturalezza.
Steven Yeun dopo il suo passato nella serie The Walking Dead si sta confermando un attore sempre più versatile. Il suo è un ruolo chiave nel film, e riesce a costruire in poco tempo un personaggio con un background molto particolare. Michael Wincott, nei panni di un direttore della fotografia, si presta molto bene alle atmosfere da monster movie, con la sua voce profonda e i suoi modi bizzarri. Brandon Perea è un tecnico informatico che aiuta i due fratelli con la videosorveglianza. Insieme a Wincott sono i due personaggi che riescono a strappare qualche risata.
Il personaggio del direttore della fotografia, in una scena verso la fine, diventa un alter ego di Jordan Peele e di quei cineasti disposti a rischiare tutto per il loro film. Jordan Peele è abilissimo a rendere credibili personaggi quasi caricaturali, perché non è mai semplice amalgamare la parte ironica in un horror, ma il regista sembra essere molto esperto in questo. E pensando al suo passato da comico televisivo non c’è molto da stupirsi.
Un film molto ambizioso sul lato tecnico
Peele e il direttore della fotografia Hoyt van Hoytema (Lasciami entrare, Dunkirk, Tenet e molti altri) riprendono il cielo con un’atmosfera minacciosa. Non inquieta soltanto di notte, ma anche e soprattutto con la luce del sole. Quando il film si espande al formato IMAX, ci sono scene e riprese che sono terrificanti e piene di suspense. Grazie all’uso della pellicola e all’impressionante risoluzione c’è tutto il fascino del cinema del passato, misto comunque ad uno stile più moderno come i due film precedenti. In un certo senso questo Nope può sembrare il C’era una volta a Hollywood di Jordan Peele, girato con totale libertà e passione. Il mix sonoro è davvero notevole, la colonna sonora di Michael Abels come anche la scelta di usare la canzone Sunglasses at night in una delle scene più suggestive del film.
In Nope c’è una costante ricerca dell’ampiezza degli spazi per immergere lo spettatore in quei luoghi fatti di silenzi irreali dove il cielo stellato sembra quasi toccare terra. Questo riesce a rendere ancora più inquietante la presenza che osserva i protagonisti dal cielo, mentre si nasconde dietro le nuvole. Interessanti gli effetti speciali, anche nelle scene più artigianali. La parte finale potrebbe risultare spiazzante per qualche spettatore, ma ci sono scelte molto coraggiose che ho saputo apprezzare meglio con la seconda visione.
Il film più divisivo di Peele?
Jordan Peele è uno dei pochi registi di genere che cerca veramente di osare qualcosa di diverso. Ciò non implica che Nope sia automaticamente riuscito nel suo insieme, di certo non lascia indifferenti. Personalmente posso dire che nonostante le differenze fra i suoi tre film, li metto sullo stesso piano come valutazione finale. Sceglierne uno che sia il migliore è complicato anche cercando di essere più obiettivi. Posso dire con certezza che Nope è quello che riguarderei più volte, e la seconda visione mi ha fatto soffermare meglio su alcuni aspetti del film. Get Out ha una sceneggiatura più solida e per questo motivo è spesso considerato il suo lavoro migliore. Mentre Us e Nope hanno risvegliato qualcosa che mancava nei film di genere più recenti: quella necessità di confrontarsi a fine visione con gli altri spettatori, a prescindere dal gradimento.
<< Inizio parte SPOILER >>
Un’altra scena notevole è il flashback della sitcom Gordy’s Home, con il piccolo attore Jupe (personaggio che nel presente è interpretato da Steven Yeun). Soltanto accennata all’inizio del film, la sequenza viene poi ripresa verso la metà: vediamo lo scimpanzé Gordy con una magnifica ripresa che si avvicina per osservare cosa sta facendo. Inizialmente sembra avere poco contesto nel film, in quanto mostra una macabra tragedia disconnessa dal mistero più ampio che si nasconde nel cielo. Invece il retroscena di Jupe diventa un parallelismo interessante che facilita la chiave di lettura del film. Senza soffermarsi unicamente sul comportamento dei protagonisti con la minaccia principale, e riprendendo il discorso sulla spettacolarità senza essere troppo didascalico.
<<Ogni animale ha le sue regole>> OJ (Daniel Kaluuya). Di conseguenza non possiamo pretendere di domare ogni essere vivente, e nel farlo, non esistono regole universali.
Nel presente Ricky “Jupe” Park (Steven Yeun) tenta di trarre profitto dall’UFO con il suo spettacolo Star Lasso Experience, credendo falsamente che, poiché sopravvissuto all’incidente di Gordy, è in grado di poter domare Jean Jacket (il nome dato all’alieno è quello del primo cavallo di Emerald, che non era riuscita a tenere). La convinzione di Jupe che Gordy e Jean Jacket siano ben intenzionati, nonostante la loro capacità di essere imprevedibili e pericolosi, contrasta con l’esperienza di vita di OJ (Daniel Kaluuya).
Nope inizia con una citazione biblica che dice già tanto: “Ti getterò addosso una lordura abominevole, ti renderò vile e ti renderò uno spettacolo”.
Nel film sentiamo OJ parlare di bad miracle (cattivo miracolo). Ci fa pensare inevitabilmente agli orrori e alle tensioni che arrivano insieme a questi eventi anomali. Anche quando il piccolo Jupe guarda Gordy muoversi sul set distrutto, nota (e notiamo) una delle scarpette della giovane attrice rimasta inspiegabilmente in piedi. Da adulto, vediamo la stessa scarpa custodita in una teca nella sua stanza dei ricordi. La scarpetta misteriosamente in piedi diventa anch’essa un esempio di “bad miracle”, a causa della natura inspiegabile del fenomeno e di come sia accaduto durante una tragedia. Peele nel suo film continua a girare intorno a questo concetto senza essere troppo insistente, trasformando eventi tragici in uno spettacolo. Per questo motivo può risultare fin troppo vago e disgregato alla prima visione.
Se dovessi sintetizzare il film in una sola immagine allora sceglierei questa con la scarpa, che trova poi un’analogia con lo scatto finale che Emerald riesce a fare a Jean Jacket. La tragedia che diventa spettacolo, lo spettacolo che finisce per essere un cimelio. “Ti renderò vile e ti renderò uno spettacolo“. Riguardo al design di Jean Jacket, i più attenti (e appassionati di anime) avranno anche notato delle similitudini con gli angeli di Evangelion, che il regista conferma essere una delle fonti d’ispirazione. Jean Jacket si comporta e assomiglia anche ad animali planctonici come la medusa, come sottolinea lo stesso regista, è stato fatto un lavoro meticoloso osservando i movimenti e i dettagli di questi animali marini. Altre influenze cinematografiche sono sicuramente Lo Squalo e Tremors, che non ho menzionato precedentemente per evitare spoiler.
Per concludere, Nope è uno di quei film destinati a diventare cult, un’esperienza che assolutamente non potete perdervi in sala. Se non vi aspettate un’opera sci-fi convenzionale allora molto probabilmente ne resterete affascinati.
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