Usciva quarantacinque anni fa Nosferatu – Il principe della notte, orgogliosa rivendicazione del cinema tedesco di un agguerrito regista giramondo di nome Werner Herzog. Una pellicola potente e visionaria che si poneva come ponte tra un passato espressionista glorioso e un presente di rinascita culturale e creativa.
TRAMA
Jonanthan Harker è un agente immobiliare tedesco inviato in Transilvania per curare la vendita di una casa al facoltoso e oscuro conte Dracula. L’incontro con il conte si trasformerà in una maledizione per Harker e il suo mondo.
RITORNO AL PASSATO
Herzog a fine anni ’70 era considerato uno dei maggiori esponenti del nuovo cinema tedesco, un movimento che aveva rialzato la testa dopo il disastro della guerra e aveva incominciato a dare voce ad una intera generazione di artisti appassionati che volevano essere ancora parte del mondo. Ambizioso quindi il progetto del regista di affermare questa rinascita realizzando il remake di un film manifesto del cinema espressionista tedesco degli anni ’20. A cinquant’anni buoni di distanza, Herzog torna sui luoghi di Murnau e pur potendo utilizzare i nomi del Dracula di Stoker (coi quali giocherà in qualche caso, invertendo i ruoli di Lucy e Mina) cercherà di rimanere il più fedele possibile al modello tedesco mantenendo Wismar come teatro degli eventi anziché la Londra presente nel romanzo originale e cercando di rimanere abbastanza fedele alla narrazione del 1922.
VISIONI DI MORTE
La forza estrema di Nosferatu – Principe della notte è la potenza della messa in scena di Herzog, che dosando ombre e colori riesce a dare nuova forma agli incubi di Murnau rendendoli al contempo moderni ma radicati nell’estetica espressionista, con una recitazione a tratti esagerata (quasi da mimi) di alcuni personaggi che non a caso sembra rimandare all’epoca del muto.
La stessa sequenza iniziale (tra le mummie di Guanajuato) è estemporanea, senza una logica narrativa, ma crea un incipit fenomenale che mette subito la cose in chiaro con lo spettatore. Nosferatu – Principe della Notte è arte visiva e recitativa, soprattutto per quello che riguarda il superlativo Klaus Kinski, attore feticcio dei Herzog, che ci regala una prova attoriale magnetica ed inquietante, tratteggiando un conte Dracula quanto mai malinconico, solo e disperato.
PESSIMISMO DI FONDO E AMORE
Nosferatu – Il principe della notte è un film profondamente amaro e pessimista, che riesce a colpire lo spettatore nel profondo. Nonostante la lentezza narrativa è difficile fermare il vortice di sensazioni che avvolgono chi guarda specialmente nella seconda metà del film, con l’arrivo del conte Dracula a Wismar.
Casse piene di topi che invadono la città e rendono il centro del paese un grottesco circo di morte e pazzia, con i cittadini ormai arresi a un’inevitabile fine che banchettano e ballano in un delirio di morte in una scena agghiacciante e disperata che sembra raccontare la fine di un’aristocrazia ormai decadente.
Unica luce nella notte il personaggio di Lucy (Isabelle Adjani che tra questo film e Possession si conferma regina dell’horror dell’epoca) che in un disperato sacrificio finale cercherà di arginare l’avanzata del male, con risultati meno scontati di quanto si possa pensare.
UN MITO SEMPRE ATTUALE
In attesa dell’imminente versione di Nosferatu diretta da Robert Eggers è normale chiedersi come mai una storia così particolare e “datata” sia stata già affrontata nello schermo tre volte in un secolo, e sempre da autori per nulla commerciali. Probabilmente Nosferatu è una sfida, un’intrigante banco di prova per registi che vogliono parlare del male insito nella natura umana utilizzando un linguaggio introspettivo che non rincorre i tempi classici del cinema contemporaneo. Da sempre Nosferatu è riflessione del male che appesta l’umanità, di qualunque epoca essa sia.