Il titolo originale è See How They Run, film giallo con toni da commedia, diretto da Tom George e scritto da Mark Chappell. Nel cast vediamo Sam Rockwell, Saoirse Ronan e Adrien Brody.
Trama: Nel West End di Londra degli anni Cinquanta, i piani per una versione cinematografica di un’opera teatrale di successo subiscono un brusco arresto dopo l’omicidio del regista hollywoodiano che avrebbe dovuto dirigere il film. Quando l’ispettore Stoppard (Sam Rockwell) e la zelante recluta, l’agente Stalker (Saoirse Ronan), prendono in mano il caso, i due si trovano coinvolti in un enigmatico giallo all’interno del sordido e affascinante mondo dietro le quinte del teatro, indagando sul misterioso omicidio a loro rischio e pericolo.
Whodunit?
Contrazione dell’inglese Who has done it? (Chi l’ha fatto?) rappresenta l’esempio più tradizionale del giallo. Il detective deve scoprire l’assassino sulla base di indizi e testimonianze dei sospettati. La scrittrice Agatha Christie ne è l’esempio perfetto, i lettori si ritrovano in una sorta di sfida con l’investigatore per arrivare alle medesime conclusioni logiche. Anche se questo non è sempre reso possibile, con plot twist che non si possono sempre prevedere.
Ambientazione e cast
Sam Rockwell e Saoirse Ronan riescono a formare una coppia divertente e dinamica, forse un po’ troppo caricaturali. Rockwell sembra estremamente a suo agio nei panni dell’ispettore Stoppard, il baffo folto e un portamento noncurante che fa da contrappunto alla sua meticolosa indagine. Saoirse Ronan è la poliziotta incaricata ad aiutarlo, un ruolo non facile perché è anche l’elemento più comico del film. Ci riesce piuttosto bene, una donna negli anni ’50 non era presa molto seriamente sul posto di lavoro e aveva bisogno di un carattere forte per districarsi fra i colleghi. Adrien Brody invece è Leo Kopernick, un regista cinematografico di Hollywood, arrogante e irrispettoso della cultura teatrale di Londra.
Il film è ambientato nella Londra del 1953, è in corso la centesima rappresentazione di Trappola per topi e una troupe sta organizzando l’adattamento cinematografico. Non è necessario conoscere Trappola per topi di Christie, Omicidio nel West End non è un adattamento di questa pièce teatrale. The Mousetrap a sua volta era tratto da un suo racconto intitolato Tre topolini ciechi, che venne alla Christie da un vero fatto di cronaca: nel 1945 due fratelli adottati subirono maltrattamenti, a causa dei quali uno dei due morì. Un caso che traumatizzò il Paese, e che ebbe come conseguenza la modifica delle norme sull’adozione, un paio d’anni dopo.
Il confronto con altri gialli
Omicidio nel West End è un film piuttosto irriverente e divertente, che sa giocare con i cliché del genere. Il giallo negli ultimi anni è stato un genere rinvigorito da alcuni film e serie di successo: Kenneth Branagh con il suo Poirot, la serie Only Murders in the Building, e il Knives Out (Cena con delitto) di Rian Johnson. La struttura alla Agatha Christie, e quindi del giallo classico, non ha sempre ottenuto grandi risultati al cinema in passato. Cena con delitto ha incassato molto bene perché ha saputo riadattare in chiave più moderna un soggetto che era alla base molto classico. Pensando alle “cene con delitto” vengono in mente due ottimi esempi come Clue (Signori il delitto è servito, 1985) e Invito a cena con delitto (1976).
Facendo un confronto fra Omicidio nel West End e Knives Out ci sono senza dubbio delle similitudini. Entrambi ricorrono spesso all’autoironia e al sarcasmo, scoprendo le carte ripetutamente per anticipare lo spettatore. Adrien Brody nel prima parte afferma anche che: “I gialli sono tutti uguali. Ne hai visto uno, li hai visti tutti“. Una frase forse azzardata, da una parte sembra voler mettere le mani avanti, e dall’altra invece vuole crearci delle aspettative diverse dal solito. In entrambi i casi non mi ha convinto pienamente. In un’altra scena si ironizza sulla narrazione e su come spesso vengano utilizzati i flashback per rivelare qualcosa sui sospettati, e prontamente il film utilizza lo stesso stratagemma. Un’insieme di situazioni comiche che funzionano sul momento ma che rischiano poi ti far perdere troppa credibilità alla fine dei giochi. I personaggi caricaturali e i siparietti troppo sopra le righe fanno perdere parte di quel realismo che è necessario per tenere veramente vivo il coinvolgimento. Personalmente ho preferito (di poco) Cena con delitto, perché almeno ha una sua coerenza stilistica, mentre Omicidio nel West End si rifà troppo all’estetica di Wes Anderson.
Gli aspetti più riusciti
Omicidio nel West End sfrutta la trama convenzionale come un vantaggio, prendendosi in giro ogni volta che ne ha la possibilità. Per tutto il film, l’ispettore Stoppard ricorda alla collega di non saltare a conclusioni, quindi gli spettatori sono incoraggiati a prestare più attenzione. Il regista Tom George usa spesso didascalie e split-screen (schermo diviso) per aiutare a ricostruire i vari indizi e le storie intrecciate in questa indagine. Sono soluzioni che possono stancare ma che qui risultano comunque funzionali: è un film dove bisogna prestare attenzione ai dettagli e quindi anche a ogni sguardo.
Il regista e il direttore della fotografia Jamie Ramsay riescono a rappresentare bene la Londra anni ’50, un po’ come avevamo visto di recente nell’ultima fatica di Edgar Wright: Ultima notte a Soho. Tecnicamente il film è realizzato piuttosto bene, e ho apprezzato anche la recitazione, in particolare Sam Rockwell, che è davvero a suo agio nei panni del detective. Azzeccata anche la trovata finale, portando in scena un personaggio inaspettato che farà sicuramente sorridere molti spettatori. Nell’insieme penso che il film sia interessante più nella sua componente metacinematografica, con l’attenzione sull’opera teatrale della Christie e le varie analogie con l’indagine.
Cosa poteva funzionare meglio
Lo sceneggiatore Mark Chappell ironizza sul giallo classico ma poi finisce per esserne troppo radicato. I fan di Christie apprezzeranno diverse strizzatine d’occhio, ma è necessaria più introspezione per rendere questi frammenti più di semplice omaggio. Il mistero centrale risulta piuttosto prevedibile, con una sfilza di false piste e colpi di scena a volte inverosimili, che vanno bene per il tono da commedia ma tolgono credibilità all’opera.
Osservare i vari personaggi interagire diventa quasi più interessante del colpo di scena finale, con una rivelazione poco soddisfacente. Il film non offre al pubblico una concreta possibilità di risolvere il caso da solo: la conclusione ha senso ma è qualcosa che stava nel fuori campo, senza indizi a riguardo. Come scrittura non ci ho visto molta esperienza nel settore, scade a volte in situazioni irritanti e autoreferenziali, soprattutto quando ci ricorda che si tratta di un film consapevole di questi costrutti. Consapevole delle convenzioni del genere, delle aspettative e del desiderio del pubblico di superare in astuzia gli autori.
In conclusione, Omicidio nel West End è una visione senz’altro piacevole, non soltanto per gli appassionati del genere. Non delude ma non è neanche in grado di sorprendere più del dovuto, è un film che si mette da solo su di un piedistallo per poi fare esattamente le stesse cose dei film da cui prende spunto. Ma se come me siete avidi lettori di Agatha Christie allora non pensateci due volte e andate a vederlo.
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