“Se incontrerai il pupazzo di neve…non tornerai mai più!”
“Il mistero della caverna di ghiaccio” (Beware,the Snowman!) è il cinquantunesimo libro della serie classica di Piccoli Brividi, pubblicato negli Stati Uniti a Gennaio del 1997. La copertina, come sempre ad opera di Tim Jacobus, è molto semplice ma non per questo meno inquietante. Il soggetto rappresentato è infatti un comune pupazzo di neve, la cui espressione e posa minacciose aprono però ad una serie di dubbi e domande. Dovendo riassumere il senso dell’illustrazione con una sola parola, essa sarebbe “ambiguità”: sebbene non vi sia nulla che lasci pensare che il pupazzo di neve sia vivo, questa eventualità sorge spontaneamente nella mente di chiunque prenda in mano il libro per la prima volta. Dal punto di vista cromatico, ritroviamo l’utilizzo di pochi colori in varie sfumature, in questo caso il blu e il rosso.
TRAMA
La protagonista di questa storia è una ragazza di nome Jaclyn, che vive con la zia Greta in quanto ha perso i genitori quando era molto piccola. Jaclyn e la zia si trasferiscono a Sherpia, un remoto paesino sempre coperto da una spessa coltre di neve. Qui la ragazza conosce Eli e Rolonda, due suoi coetanei, e anche il sinistro eremita Conrad, che vive nei pressi di una caverna di ghiaccio. Sherpia presenta una caratteristica decisamente inquietante: di fronte ad ogni abitazione sono posti dei pupazzi di neve con un’espressione arcigna ed uno sfregio sul volto. Come se non bastasse, a Jaclyn tornerà continuamente in mente l’inizio di una filastrocca che la madre le recitava:
Quando infuria la tempesta,
E il giorno se ne va,
Attenta,bimba mia, attenta,
Il pupazzo di neve farà festa,
E il freddo porterà…
La ragazza si convince che ciò non possa essere una coincidenza, decidendo quindi di indagare sui segreti di Sherpia. Scoprirà quindi di una leggenda che narra di un mago ed una maga che vivevano in tranquillità a Sherpia finché non decisero di creare un pupazzo di neve incantato che sfuggì al loro controllo. Da allora non si sa più nulla dei due maghi, ma si dice che il pupazzo viva ancora nella caverna di ghiaccio scavata nella montagna che svetta sulla cittadina. Gli abitanti hanno quindi iniziato ad assemblare dei pupazzi di neve per rendergli omaggio ed evitare che esca dalla caverna a portare distruzione. Realtà o finzione? Starà a Jaclyn scoprirlo…
RECENSIONE
“Il mistero della caverna di ghiaccio” merita di essere preso in considerazione trattando in maniera separata le prime parti della storia e la sequenza finale. Per la prima metà del suo svolgimento, il romanzo possiede diversi elementi che lo rendono uno dei migliori della collana. Il taglio sembra essere più serio, con una protagonista che ci viene presentata come un’orfana costretta a lasciare la sua città di origine per raggiungere un luogo che ispira un forte senso di isolamento. Infatti, un po’ come avviene per l’Overlook Hotel in Shining, Sherpia è isolata rispetto al resto del mondo da uno spesso manto di neve che rende difficoltoso ogni spostamento. Il senso di isolamento di Jaclyn non deriva soltanto dai concreti eventi atmosferici, ma anche dal fatto che non sembri mai che nel corso della vicenda ci sia qualcuno veramente disposto a fornirle aiuto, nemmeno la zia. Lo stile di scrittura presenta, in diversi capitoli, toni cupi e minacciosi. Ciò può essere facilmente interpretabile ragionando sul fatto che Stine cercasse, con questa storia, di rendere terrificante una figura come quella del pupazzo di neve, di per sé legata a momenti di spensieratezza e felicità. Vien da sé che quindi lo scrittore dell’Ohio si trovò nella condizione di calcare la mano su alcuni passaggi per garantire credibilità all’intreccio. L’inquietante filastrocca è infine un valore aggiunto alla vicenda, fornendole un ulteriore alone di mistero.
Con le sequenze finali emergono però diversi difetti. In primis sono presenti troppi colpi di scena, che spesso risultano decisamente poco credibili. Per rendere meglio l’idea, vi basti sapere che uno dei colpi di scena principali è un chiaro omaggio a quello (conosciutissimo) presente alla fine di “Star Wars Episodio V: L’Impero colpisce ancora”. Il modo con cui la vicenda giunge alla sua conclusione risulta infine un po’ ingenuo, in quanto prevede una serie di azioni che potevano essere messe in atto diverso tempo prima. Non è quindi semplice fornire un giudizio univoco su questo libro: alcuni apprezzeranno molto la prima parte, altri non riusciranno ad andare oltre i difetti della seconda. Perché quindi non provare a leggerlo (o rileggerlo) durante le festività natalizie, in modo che ciascuno possa farsi una propria opinione?
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