Piove è un dramma horror estremamente cupo. Paolo Strippoli è alla seconda regia dopo A Classic Horror Story, e conferma di essere fra i giovani registi più promettenti in Italia. Il film esce in sala il 10 novembre distribuito da Fandango.
Trama: quando piove, i condotti e i tombini esalano un vapore denso di cui non si conosce l’origine. Chiunque respiri questo misterioso vapore dovrà farà i conti con ciò che reprime, i suoi istinti più oscuri. Anime cariche di rabbia, imprigionate in una Roma cupa e sul punto di esplodere.
Piove è una storia di fantasmi senza fantasmi
Della ghost story segue alcuni stilemi e la sospensione dell’incredulità, queste presenze evocate dal vapore potrebbero sembrare proprio dei fantasmi. Ma Piove è un film che parla dei nostri istinti più oscuri, dei demoni che nascondiamo e che sfamiamo senza rendercene conto. In sostanza: la nostra rabbia.
Al centro di tutto vediamo la famiglia Morel. Dalla morte di Cristina, causata da un incidente un anno fa, per il marito Thomas e il figlio Enrico, l’amore ha ceduto il posto a una convivenza forzata, mentre la piccola di casa, Barbara, vorrebbe solo rivederli uniti come un tempo. L’incidente si poteva evitare, questo lo sa bene Thomas e anche Enrico. E invece di assumersi le proprie colpe e andare avanti, i due hanno smesso di parlarsi, alimentando rabbia e rancore.
Di seguito la nostra intervista al regista e al cast:
Un approccio insolito e coraggioso
Paolo Strippoli è un giovane regista, classe 1993, che ha esordito alla regia con A Classic Horror Story, realizzato insieme a Roberto De Feo. Piove è un film più intimo che si discosta dall’approccio dichiaratamente horror del film precedente. Strippoli sembra avere già le idee chiare per quanto riguarda l’aspetto visivo, con una sua coerenza stilistica che è sempre funzionale al racconto. Scelta coraggiosa quella di passare a un horror più personale e psicologico, dove tutto ruota attorno a un dramma familiare, o per meglio dire un trauma familiare.
Piove usa una struttura narrativa simile a film come Babadook e Goodnight mommy, che utilizzano la componente horror per rappresentare un malessere interiore di cui i protagonisti non riescono a liberarsi. Anzi, ne sono diventati dipendenti, alimentando questo dolore fino a farlo diventare qualcosa di spaventoso. Visivamente è azzeccata la scelta delle lacrime nere, il pianto dovrebbe essere qualcosa di purificatorio, ma se non c’è l’accettazione del dolore non si arriverà mai a superare un trauma.
E allora anche queste lacrime passive rispecchiano questa immobilità con cui scelgono di (non) vivere questi personaggi.
Un film che convince soprattutto per la recitazione e la messa in scena
Ottima la scelta del cast, il protagonista Francesco Gheghi è un attore davvero promettente, il suo personaggio, Enrico, è un ragazzo tormentato che sembra imprigionato nel suo stesso corpo. Come è interessante la prova del suo amico Gianluca interpretato da Leon de la Vallée (che nella realtà è anche un rapper di talento: Leon Faun), un volto particolare che mi ha fatto ripensare a un giovanissimo Denis Lavant. Si nota inoltre l’esperienza di attori come Fabrizio Rongione e Cristiana Dell’Anna, che interpretano i genitori di Enrico. Una recitazione nel complesso convincente dove tutti gli attori riescono a costruire personaggi sfaccettati sfruttando il poco (relativamente) tempo in scena.
Piove è un film che mescola diversi generi, e questo s’intuisce anche guardando il trailer, non si tratta di un horror convenzionale che vuole soltanto intrattenere. L’atmosfera è decisamente cupa, la città di Roma qui sembra uno scenario quasi post apocalittico, il vapore e la pioggia diventano una costante. Lavorando in modo essenziale sono riusciti a ricreare questo scenario opprimente, con una bella fotografia di Cristiano Di Nicola che accentua ancora di più questi elementi.
Al suo secondo film Strippoli dimostra di avere le idee chiare, distinguendosi soprattutto sul lato tecnico. La scena con i palloncini cromati non era semplice, sulla carta poteva sembrare banale ma la realizzazione è sorprendente.
Piove era un soggetto scritto da Jacopo Del Giudice e vincitore del premio Solinas; la sceneggiatura è stata poi revisionata insieme al regista che ha iniziato ad appassionarsi al progetto. Uno script interessante che però a tratti fatica a stare sullo stesso livello di messa in scena e prove attoriali. Il dialogo (e alcune interazioni fra i personaggi) potevano essere gestite con più consapevolezza, prendendosi il tempo necessario per soffermarsi sul protagonista.
Sono comunque molto più evidenti gli aspetti positivi di questa interessante opera seconda, da sottolineare anche il suggestivo contrappunto musicale del compositore Raf Keunen. Quello che dispiace è il divieto ai minori di 18 anni, perché è un film che sa essere a suo modo attuale, rivolgendosi anche a un pubblico di adolescenti. Speriamo che non danneggi troppo la sua permanenza in sala, perché Strippoli è un regista che merita di essere supportato. Per quanto mi riguarda sono curioso di seguire i suoi progetti futuri e il suo percorso di maturazione.
Piove è un film insolito che riesce a distinguersi nel panorama del cinema italiano contemporaneo. Non vi resta che andare a vederlo, in sala dal 10 novembre.
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