David Lynch compie oggi 75 anni, uno dei registi più geniali di sempre, ma anche scrittore, pittore, attore e musicista. Ancora oggi continua ad essere impegnato su nuovi progetti, con una serie tv Netflix in lavorazione.
Difficile sintetizzare in un articolo la carriera di un talento come David Lynch, ci sarebbe davvero troppo da approfondire, ma ho voluto includere molti dei suoi lavori per i lettori che da poco stanno scoprendo questo artista geniale. Consiglio in particolar modo di guardare il bel documentario realizzato nel 2016: David Lynch The Art Life, che si sofferma anche sulla sua infanzia, sugli inizi, sul processo creativo e la sua routine negli ultimi anni, fra quadri e creazioni di ogni tipo.
Gli inizi e il film d’esordio
David Lynch nasce il 20 gennaio 1946 nel Montana (Stati Uniti). Inizia studiando arte a Philadelphia, dove gira anche i suoi primi cortometraggi. Nella filmografia di Lynch ci sono 10 lungometraggi e la serie tv di Twin Peaks, ma durante la sua carriera ha realizzato numerosi cortometraggi e video musicali. Comincia nel 1967 a 21 anni, realizzando dei corti molto visionari, alcuni si trovano anche su youtube. Fra i più noti: The Alphabet (1968), The Grandmother (1970) e The Amputee (1974). Un DVD del 2002 raccoglie i primi cortometraggi del regista, ma si trovano facilmente anche su youtube: The short films of David Lynch o per chi ha l’abbonamento con Amazon Prime Video sono disponibili sulla piattaforma.
The Grandmother (1970)
Probabilmente il più interessante fra i suoi primi lavori, dura 34 minuti ed è stato girato (per gli interni) nell’allora appartamento di Lynch, con l’aiuto di amici e vicini di casa. Qui come in altri corti usa un linguaggio filmico insolito per quegli anni, combinando animazione in stop motion, recitazione e un’estetica particolare. La trama verte su un bambino che fa crescere una nonna da un seme per cercare di sfuggire agli abusi dei suoi genitori. Non presenta dialoghi ma solo effetti sonori, e come sempre Lynch svolge un lavoro minuzioso con il sound design. L’unica parola pronunciata durante tutto il mediometraggio è il nome del ragazzino, Matt.
In quegli anni David Lynch era già sposato con Peggy Lentz, da cui ha avuto la prima figlia Jennifer Lynch, che è diventata anche regista. Il primo di ben quattro matrimoni e quattro figli per David, e per sposarsi quattro volte deve essere un tipo di persona a cui non si riesce a voler male! Nel 1971 si trasferiscono a Los Angeles e inizia seriamente a dedicarsi al cinema, l’anno successivo infatti avrà l’occasione di realizzare Eraserhead, film d’esordio che richiederà alcuni anni prima di essere presentato ufficialmente. Nel 1974 il primo divorzio, mentre il suo primo lungometraggio riesce finalmente ad essere distribuito nel 1977.
Eraserhead (1977)
Un film che ancora oggi è considerato un vero cult, e che ricevette i complimenti anche da registi come Stanley Kubrick. Eraserhead – La mente che cancella è decisamente il suo lungometraggio più d’avanguardia, costruito su atmosfere, suoni e immagini, un vero e proprio incubo ad occhi aperti. Storia di un giovane uomo tranquillo (Jack Nance) che vive in una desolata zona industriale. La sua compagna partorisce un bambino deforme, che in questo il film potrebbe riflettere le paure e ansie del regista che in quel periodo stava vivendo la paternità.
Già da questo esordio è evidente il linguaggio cinematografico utilizzato da Lynch, che indirettamente lavora sull’inconscio e subconscio dello spettatore, disorientando lo spettatore fra sogno (o incubo) e realtà. Fondamentale l’uso del suono (e Lynch fa spesso affidamento sul white noise di sottofondo) soprattutto quando la psiche umana diventa il fulcro del racconto.
Gli anni ’80
Elephant man (1980)
Questo secondo lungometraggio non è scritto da Lynch che perà ha modificato la sceneggiatura adattandola al suo stile. Mel Brooks (grande regista di commedie) era il produttore del film e decise di affidare il progetto a David Lynch dopo aver visto Eraserhead.
Anche qui abbiamo una bellissima fotografia in bianco e nero, a cura dell’esperto Freddie Francis. Elephant man vede come personaggio principale un uomo con una grave deformazione che diventa un fenomeno da baraccone. Un film sulla dignità e la sofferenza, ma soprattutto sull’umanità che spesso si nasconde sotto l’apparenza mostruosa. Con 7 candidature ai premi Oscar non ne vinse neanche uno, ma con il suo maggiore incasso David Lynch era diventanto ufficialmente un autore molto richiesto.
Dune (1984)
Probabilmente il suo film meno apprezzato da critica e pubblico, e fu un’esperienza traumatica per Lynch a cui non fu consentito di intervenire sul montaggio finale. Il produttore Dino De Laurentiis fece rimontare il film da tre ore e mezza a 137 minuti, molte scene furono eliminate e anche per questo la trama risulta a tratti poco comprensibile. Dopo il flop di Dune e la brutta esperienza con la produzione, Lynch decide che per i prossimi progetti firmerà solo con la libertà di avere il final cut. Prima di Dune, David Lynch si era ritrovato a rifiutare la proposta di girare il terzo capitolo della saga di Star Wars (Il Ritorno dello Jedi), spiegando a George Lucas che era un’opera già troppo delineata.
Dune non è un film molto riuscito ma conserva comunque il suo fascino, il romanzo non è assolutamente semplice da adattare e siamo curiosi di vedere come sarà il nuovo adattamento (anche se Lynch ha dichiarato di non volerlo neanche guardare). Dune è la prima collaborazione con l’attore feticcio Kyle MacLachlan, che sarà poi protagonista di Velluto blu e Twin Peaks. Curiosità: Prima di portare Dune sul grande schermo nel 1984, altri autori si erano candidati, il progetto più interessante sembrava quello del visionario Alejandro Jodorowsky, che era riuscito a coinvolgere nel cast nomi come Orson Welles e Salvadro Dalì.
Velluto blu (1986)
Staccionate bianche, rose rosse e camion dei pompieri mostrati al rallentatore creano subito un’atmosfera sognante. Secondo progetto finanziato da De Laurentiis, Velluto blu è senza alcun dubbio fra i migliori film del regista, un capolavoro che segna inoltre l’inizio del sodalizio di Lynch con il grandissimo compositore Angelo Badalamenti. Un’altra collaborazione importante è quella con Mary Sweeney, assistente per Velluto blu e poi montatrice e produttrice di molti dei lavori successivi. ll titolo originale Blue Velvet è tratto dall’omonima canzone di Bobby Vinton, cantata nel film da Isabella Rossellini in un locale notturno, lo Slow Club.
Il film è la storia di uno studente del college (Kyle MacLachlan) che indaga su un orecchio mozzato che ha trovato in un campo. Indimenticabili anche le performance di Isabella Rossellini (nel ruolo di una tormentata cantante di club) e di Dennis Hopper nei panni di un gangster crudele e sociopatico. Velluto blu ha un buon successo di critica e vale a Lynch la seconda candidatura all’Oscar al miglior regista. Il film fu ideato dal regista molti anni prima, e c’è una scena che è anche un aneddoto della sua infanzia, come raccontava Lynch nel documentario e nell’autobiografia Lo Spazio dei sogni.
Velluto blu è inoltre il primo film dove troviamo alcune costanti del suo cinema: una donna in pericolo, il lato oscuro e nascosto di una piccola città, l’uso di canzoni d’epoca, l’estetica e i colori con il rosso sempre molto presente. Grazie alla collaborazione con Badalamenti, l’utilizzo peculiare del suono e della colonna sonora continuano ad essere un marchio di fabbrica dello stile lynchiano. Velluto blu all’apparenza è meno visionario di altri suoi film, ma anche questo potrebbe essere interpretato come un sogno, anche se molto strutturato.
Gli anni ’90
Twin Peaks (Stagione 1 e 2, 1990-1991)
Dalla fine degli anni ’80 David Lynch inizia a collaborare con Mark Frost, entrambi sono motivati a trovare un progetto per una serie televisiva insieme. Dopo qualche idea sfumata, finalmente il loro interesse si concentra su Twin Peaks. La serie è incentrata sulle indagini dell’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan) riguardo alla morte di Laura Palmer, una studentessa delle scuole superiori. Indagine che finirà per rivelare i segreti degli abitanti del luogo.
Lynch dirige sei episodi della serie incluso l’episodio pilota, ne scrive diversi e appare in alcuni come attore, nei panni dell’agente FBI Gordon Cole. La serie debutta sulla ABC l’8 aprile del 1990, nessun altro progetto di Lynch raggiungerà un tale successo. Per molti Twin Peaks è un vero culto, e chi ci è appassionato sa quanto sia raro trovare una serie anche vagamente simile a questa. Nell’episodio pilota veniamo subito trascinati nel mondo misterioso e oscuro di Laura Palmer, una diciassettenne ritrovata uccisa sulla riva di un fiume ed avvolta in un telo di plastica. Di questa prima stagione Lynch ha diretto il pilota e altri 3 episodi. Mentre della seconda stagione (1991) ha diretto il primo e l’ultimo episodio.
La seconda stagione è decisamente più lunga, ci furono diversi problemi con la produzione e Lynch si allontanò per un po’ dal progetto, tornando poi a girare l’ultimo episodio. La colonna sonora è una delle più belle mai realizzate per una serie tv, e se non l’avete visto vi consiglio di guardare il video emozionante dove il compositore Angelo Badalamenti ci mostra come iniziò il processo creativo davanti al suo pianoforte:
Cuore Selvaggio (1990)
Il film più sopra le righe e divertente del regista riesce a vincere la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Girato dopo la prima stagione di Twin Peaks, Cuore selvaggio è una storia romantica, selvaggia e surreale. il film mescola una amore passionale a eventi bizzarri ed esplosioni di violenza che lo rendono un road movie atipico. Il film è anche un grottesco omaggio alla storia de Il Mago di Oz, da sempre uno dei film preferiti del regista. Nicolas Cage nei panni di un ribelle con la sua giacca di pelle di serpente, Laura Dern nei panni di una giovane lussuriosa che desidera fuggire lontano dai confini della sua terribile e tirannica famiglia.
Anche se diverso da altri lavori del regista, Wild at heart resta ancora oggi un cult movie da non sottovalutare.
Fuoco cammina con me (Fire walk with me, 1992)
Lynch decide di scrivere un film prequel di Twin Peaks, dopo la delusione della seconda stagione, che era riuscito a gestire solo in parte. Fuoco cammina con me si sofferma sugli ultimi sette giorni di Laura Palmer. Nonostante sia un prequel, è consigliata la visione soltanto dopo le prime due stagioni della serie, quindi nell’ordine di come sono state girate. Fuoco cammina con me è un film molto complesso e visionario, ma si rivela un flop e riceve anche diverse critiche negative. Probabilmente perchè troppo mirato ai fan di Twin Peaks, e se non si conosce bene la serie può risultare spiazzante ed eccessivamente confuso nel racconto. Durante l’anteprima fu fischiato al Festival di Cannes e criticato anche da Quentin Tarantino.
Il personaggio di Philip Jeffreys è interpretato da David Bowie, ed è una parte molto importante che tornerà nella terza stagione della serie. Per quanto mi riguarda questo film è straordinario, c’è davvero tutta la sua opera e raggiunge delle vette altissime (giusto per restare in tema Twin Peaks) soprattutto con la scena dell’incubo nella Loggia Nera. Fortunatamente è stato poi rivalutato da molti, anche perchè un vero fan della serie non può non amare Fuoco cammina con me.
Molto affascinante anche la prima parte del film con i due agenti interpretati da Kiefer Sutherland e Chris Isaak (il cantante). The Missing Pieces invece è un montato di 91 minuti di scene extra (scartate dal film), ma si può trovare facilmente nei dvd e cofanetti del film o della serie.
Strade perdute (Lost Highway, 1997)
Uno dei film più amati dai suoi fan, Strade perdute è una sorta di noir moderno e surreale con atmosfere dark. Scritto insieme a Barry Gifford, autore del romanzo, e interpretato da Bill Pullman e Patricia Arquette. Non c’è da stupirsi che anche questo non sia stato un successo in sala, ma è diventato un vero cult con il passare degli anni. Oltre che con Angelo Badalamenti, Lynch collabora anche con Trent Reznor, e la colonna sonora include brani di artisti come Marilyn Manson, David Bowie, Rammstein, The Smashing Pumpkins e altri.
E non si può parlare di questo film senza menzionare il personaggio dell’uomo misterioso con la videocamera. In quasi ogni suo film Lynch inserisce almeno un personaggio enigmatico, come ad esempio il cowboy nel successivo Mulholland Drive. In Strade perdute sono presenti alcuni rimandi al cinema di Hitchcock, in particolare Vertigo (La donna che visse due volte), ma anche una similitudine con il primo film dei fratelli Coen: Blood Simple (1984), con le riprese di notte dell’asfalto.
Una Storia vera (The Straight story, 1999)
David Lynch sorprende tutti con un film molto semplice e lineare, a dimostrazione che sa anche affrontare tematiche completamente diverse ricevendo critiche entusiaste. Il film racconta la storia realmente accaduta di Alvin Straight, interpretato da Richard Farnsworth, un anziano dell’Iowa che percorre 600 km su un tagliaerba a motore per raggiungere il fratello malato con cui aveva interrotto i rapporti molti anni prima. Viaggiando a 5 miglia all’ora (8 km/h) impiegherà 6 settimane per percorrere 386 km con il suo trattorino.
Il film è scritto e voluto da Mary Sweeney, produttrice e montatrice per Lynch da Fuoco cammina con me. Una Storia vera è un bellissimo film che all’apparenza potrebbe sembrare un’opera minore, ma è molto toccante e poetico, splendida la fotografia di Freddie Francis (avevano già lavorato insieme su Dune), e qui al suo ultimo lavoro. Peccato per il titolo italiano che non rende molto, infatti Straight è anche il cognome dei protagonisti, che ovviamente significa anche diretto.
Gli anni 2000
Mulholland Drive (2001)
Premio per miglior regia al Festival di Cannes, eletto come Il più grande film del XXI Secolo secondo BBC Culture (con il voto di 177 critici da tutto il mondo). Siamo di fronte al più grande capolavoro di David Lynch e per molti l’opera più grandiosa dal 2000 ad oggi. Naomi Watts è perfetta in questo ruolo che l’ha consacrata, nei panni di un’attrice ingenua che arriva a Hollywood e conosce una donna misteriosa interpretata da Laura Harring. Sogni, incubi, una scatoletta misteriosa, teatri e personaggi misteriosi, tutto converge in questa Los Angeles sognante intorno alla Mulholland Drive (di Hollywood). Ogni certezza si dissolve in un’atmosfera oscura dove non si distingue il sogno dalla realtà.
Fu inizialmente concepito come pilot per una nuova serie tv, ma il progetto fu scartato e Lynch decise di trasformarlo in un film aggiungendo un finale. Fra le tante scene memorabili non si può non menzionare quella del Club Silencio e quella più terrificante ambientata fuori la caffetteria. Come nei sogni, la mente inconscia reinventa le relazioni e l’ambiente circostante per servire un certo scopo in quel particolare sogno.
In Mulholland Drive le sequenze oniriche possono essere lette non come pensieri razionali, ma come un’esplorazione della capacità della propria mente inconscia di rielaborare le trame e le immagini della nostra vita quotidiana al fine di creare sensazioni nuove. La maggior parte di noi l’ha sperimentato, ma il film cerca di spingersi oltre. Lo stato mentale della protagonista raggiunge quasi un esaurimento nervoso, e deve scegliere se combattere consapevolmente il senso di colpa oppure rifugiarsi nel suo subconscio e lasciarsi andare. A mio parere lei si lascia andare e la sua mente inconscia prende il controllo sulla mente cosciente, portandola ad un gesto estremo.
Come interpretare le sue opere?
Voler trovare a tutti i costi un senso a quello che succede (o che viene detto) è l’approccio sbagliato, se siete spettatori troppo razionali allora probabilmente non riuscirete ad apprezzare alcuni suoi lavori. In più di un’intervista Lynch ha affermato che non ama spiegare i suoi film, e che preferisce un approccio meno razionale. In effetti nelle sue opere ci possono essere diverse chiavi di lettura, appunto perchè come dicevo usa un linguaggio che risuona come quello del nostro inconscio e subconscio. Simboli, immagini e suoni che non hanno un significato unico ma che riescono ad aprire qualche porta nei meandri della nostra mente.
Molto importante per David Lynch la meditazione trascendentale, da anni infatti ha anche fondato la David Lynch Foundation che si occupa proprio di espandere questo tipo di meditazione nelle scuole di tutto il mondo. La creatività per Lynch sta anche nel catturare una singola immagine, un’idea, e poi ampliarla fino a creare un’opera, che sia un quadro, un libro o un film.
“Come regola generale, l’aspetto inconscio di ogni evento ci viene rivelato nei sogni, dove appare non come pensiero razionale ma come immagine simbolica.” Carl G. Jung
Molto spesso si usa l’aggettivo onirico per descrivere i suoi lavori. Secondo me non è sempre azzeccato come termine, anche se è vero che è presente la componente del sogno/incubo in quasi tutte le sue opere. Ma non è sempre così scontato, perchè si parla innanzitutto di percezione della realtà, può essere un sogno, un momento di trance, un’allucinazione, una dimensione parallella, o addirittura una simulazione della realtà.
Potrebbe sembrare che Lynch cerchi di manipolare lo spettatore, quello che sicuramente fa spesso è catturare subito l’attenzione nella prima parte, in seguito cerca di ipnotizzarci (o assopirci) con un ritmo più lento, servendosi anche di personaggi che parlano con un tono molto apatico. Questa struttura permette poi di avere un finale di maggiore impatto, come un illusionista che alla fine schiocca le dita per risvegliarci. La prova più evidente sta nel finale di quello che reputo la sua opera più complessa, ovvero la terza stagione di Twin Peaks.
Inland Empire (2006)
Dopo Mulholland Drive nessuno pensava che Lynch potesse realizzare un film ancora più visionario, e invece a partire dal 2005 decide di girare un film in digitale senza neanche una sceneggiatura. Un esperimento praticamente improvvisato, il suo film più lungo (3 ore) dove ricopre diversi ruoli, dal produttore alla fotografia, arrivando poi ad occuparsi anche del montaggio. L’incipit iniziale era: Un mistero su una donna in pericolo. Da qui, girando fra Los Angeles e la Polonia, costruisce il suo film meno lineare, nel cast tornano la fedelissima Laura Dern, Harry Dean Stanton, Justin Theroux e Grace Zabriskie (che in Twin Peaks è Sarah Palmer, la madre di Laura).
Anche in Inland Empire come nel precedente film ritroviamo il cinema nel cinema, set cinematografici, teatri e dietro le quinte dove la protagonista si perde fra realtà e incubo. Nel film ci sono anche alcuni spezzoni dei suoi cortometraggi Rabbits del 2002. Presentato a Venezia il film non convinse molto pubblico e critica, si tratta in effetti del suo film più difficile da approcciare. Nella stessa edizione del festival ricevette il Leone d’Oro alla Carriera (2006). Inland Empire è considerato da molti il film più audace e provocatorio del regista fino ad oggi.
Attività parallele
Dopo Inland Empire, ultimo lungometraggio, David Lynch ha comunque continuato a dedicarsi a cortometraggi, video musicali e pittura. Fra i più noti: The Third Place (2000) che è uno spot per Playstation 2, e i due corti Darkened room (2002) e Blue Green (2007). Quest’ultimo in particolare consiglio di guardarlo perchè riesce ad essere efficace con poco, e una durata di soli tre minuti:
Nel 2011 pubblica Crazy Clown Time, il suo primo album discografico, realizzando anche un video. Il secondo album invece è The Big Dream del 2013. La voce di David Lynch è modificata in studio. I suoi brani sono tutti scaricabili gratuitamente, e di seguito potete ascoltare e guardare il video per farvi meglio un’idea:
La pittura e il canale David Lynch Theatre
L’artista che più lo ha ispirato nella pittura è Francis Bacon, Lynch ne riprende in parte lo stile ed i colori. Di certo non usa un approccio classico alla pittura, i suoi sono quadri che si potrebbero definire quasi organici, perchè usa ogni sorta di materiale nella lavorazione. Negli ultimi anni continua a presentare alcune sue opere in mostre ed installazioni d’arte. Parte della sua routine, che comprende anche la lavorazione del legno, è ripresa molto bene nel documentario David Lynch: The art life (2016).
Negli ultimi anni vi sarà capitato anche di vedere David Lynch alle prese con video caricati su Youtube, il nome del canale è David Lynch Theatre. I video più recenti sono quelli che riguardano la situazione meteorologica a Los Angeles e l’estrazione del numero fortunato del giorno. Oltre a questo il canale promuove anche il merchandising di prodotti di abbigliamento e accessori.
Twin Peaks – Il Ritorno (Stagione 3, 2017)
Ciò che rende unica questa terza stagione è che è stata interamente diretta da David Lynch, oltre che scritta insieme a Mark Frost. 18 episodi, ed è come guardare un film di 18 ore. La prestigiosa rivista di cinema francese Cahiers du Cinéma ha eletto questa stagione il miglior prodotto audiovisivo dell’ultimo decennio (e sono pienamente d’accordo). Per molti suoi fan (ma anche per la critica) questa stagione è l’espressione massima del genio di Lynch.
Non è semplice da approcciare, neanche si tratta di una di quelle serie che si guardano ogni tanto lasciando passare del tempo fra gli episodi. Per apprezzarla davvero è consigliata una visione nel minor tempo possibile, oltre che tenere a mente quello che è accaduto prima. Quindi un ripasso delle prime due stagioni (la seconda ha diversi episodi deboli ma vale la pena superarli), e il film Fuoco cammina con me che è fondamentale prima di passare a questa terza stagione.
L’episodio 8 è sicuramente fra i più apprezzati, con un salto indietro nel tempo girato in bianco e nero. L’inizio di questa oscurità che perseguita la famiglia di Laura Palmer, l’eterna lotta fra il bene e il male, la Loggia bianca e la Loggia nera. Vediamo una giovanissima ragazza che molto probabilmente è Sarah Palmer, la madre di Laura. L’ultimo episodio della stagione non è da meno, per chi ancora deve vedere la serie consiglio di farlo con una qualità dignitosa per valorizzare il lavoro impressionante svolto con la messa in scena ed il sound design.
Mi sbilancio affermando che la scena finale è l’esperienza più destabilizzante che abbia mai provato di fronte ad un film o una serie. Ma questo soltanto se riuscirete ad immergervi senza troppe distrazioni, altrimenti perde quella sua forza in grado di trasportare lo spettatore anche solo a livello inconscio. Se poi volete ancora approfondire sono stati scritti due libri da Mark Frost, dopo la terza stagione: Le vite segrete di Twin Peaks e Il Dossier Finale.
Le abitudini a cui non può rinunciare
David Lynch è un creativo che ha sempre cercato l’ispirazione attraverso il benessere spirituale, e oltre alla meditazione ci sono delle abitudini a cui non riesce a fare a meno. Il caffè infatti non è soltanto il vizio preferito dall’agente Dale Cooper, ma Lynch ne beve così tanto che ha anche creato un marchio tutto suo. Non mancano mai anche le golosissime donuts (ciambelle americane), le sigarette (anche se pare che abbia smesso) e il megafono per farsi sentire sul set.
Tornando alle sue opere sono tante le situazioni e le immagini che si ripropongono. Fra i temi ricorrenti vediamo spesso personaggi frammentati o identità multiple. Il doppleganger con coscienza propria o personaggi con qualità soprannaturali. Una vera ossessione è il colore rosso, ma anche il fuoco, il fumo, le ambientazioni industriali e il rumore dei macchinari. Nella terza stagione di Twin Peaks ad esempio c’è molta insistenza sull’elettricità ed i rumori elettrici, o in generale la continua attenzione verso il montaggio degli effetti sonori.
Secondo le ultime notizie David Lynch sta lavorando su un nuovo progetto per Netflix, il titolo provvisorio è Wisteria (poi modificato in Unrecorded Nights). La produzione dovrebbe iniziare a maggio 2021 per girare 13 episodi scritti dal regista, e noi lo speriamo davvero.
Leggi anche —–> 30 anni di Twin Peaks, la serie che non ci stancherà mai.