Il silenzio della palude – Quando l’hype inganna
Ultimamente sono moltissimi i titoli spagnoli rilasciati da Netflix che compaiono nella top ten.
Spesso ottimi prodotti di intrattenimento ci hanno regalato sorprese interessanti anche nel campo del cinema oltre che delle serie tv della quale, La Casa di Carta, è sicuramente il titolo di punta.
Ed è proprio uno degli attori più amati di questa serie il protagonista di questa pellicola nonchè, onestamente, il motivo per il quale ho deciso di guardare Il silenzio della palude.
Pedro Alonso, più noto come “Berlino” è Q, un noto scrittore di successo apparentemente senza emozioni, poco socievole ed in pessimi rapporti con il fratello minore Nacho (Raul Prieto). Oltre al suo appartamento nel centro di Valencia dove il film è ambientato, Q è particolarmente legato alla vecchia casa di famiglia, solitaria e diroccata, persa nella palude alla quale il titolo fa riferimento. Documentandosi sulla corruzione nella sua città, tema del suo prossimo libro, deciderà di farne protagonista Ferran Carratero, professore di Economia ed ex politico in attuali rapporti con la mafia spagnola. Tra poliziotti corrotti, omicidi e malavitosi il confine tra l’immaginazione di Q e la vita reale si fa sempre più confuso…
Thriller tratto da un romanzo di Juanjo Braulio (disponibile solo in spagnolo e dal titolo omonimo) si tratta del primo film del regista Marc Vigil reduce da diverse esperienze televisive. Il film, uscito nei cinema spagnoli il 1 gennaio, è stato presentato al Festival di Siviglia e al Busan Internation Film Festival ed è sceneggiato da Carlos de Pando e Sara Antuna, duo che tra l’altro sta lavorando ad una serie tv tratta da un fumetto spagnolo, Il Vicino.
Per quanto supportato da ottime inquadrature e dall’atmosfera ferma e decadente della palude ben resa dalla scelta di non inserire sottofondo musicale nelle riprese che la riguardano, il film non riesce a decollare.
Buona la prova di Alonso, piuttosto convincente nei panni dell’apatico e sofisticato scrittore in un ruolo che potrebbe calzargli a pennello…tuttavia un solo attore non può reggere un film che non ingrana il ritmo e che purtroppo non si rivela degno di nota. Seppur la trama non sia nulla di particolarmente originale poteva offrire buoni spunti ma, dopo un inizio promettente si perde un pò, tralasciando il più intrigante argomento della psiche di Q e della sua pulsione agli omicidi che descrive nei libri per narrare accuratamente ciò che accade tra il boss (una poco credibile signora di mezza età interpretata da Carmina Barrios) con i suoi sottoposti e la polizia corrotta guidata da Isabel (Maite Sandoval).
Ad un certo punto il protagonista diventa quasi un personaggio marginale e secondario come fosse contorno alle dinamiche che ruotano attorno al principale argomento trattato, la corruzione.
La palude infatti non è solo il luogo di silenzio e conforto dove Q si rifugia, ma anche una metafora che indica quanto di putrido si nasconde nella società e grazie alla quale, alcune specie, prosperano e si arricchiscono.
Il film non è autoconclusivo, non del tutto almeno. Ti lascia sospeso su quel confine sfumato tra realtà e finzione che aleggia attorno a Q e a ciò che ci narra.
Ma non ti fa riflettere come forse vorrebbe e non ti resta addosso per più di cinque minuti. E’ un film che scivola via facilmente, senza lode nè infamia. Uno di quelli che non riguarderai e che non ti fa esclamare dall’entusiasmo ai titoli di coda. Insomma, non fa scalpore.
E ne se va senza far troppo rumore, svanendo nel silenzio. Lo stesso silenzio della palude.
Strega Medea.