Secondo il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche: “Tutto nella donna è un enigma, ma tutto nella donna ha una soluzione: questa si chiama gravidanza”. Eppure qualcuno ha avuto il coraggio di contraddirlo o, perlomeno, di mostrare un lato della maternità talmente tragico e controverso, da incuriosire persino Anton Lavey, il fondatore della Chiesa di Satana. L’artefice di tutto ciò è stato lo scrittore statunitense Ira Levin, con il suo romanzo Rosemary’s Baby.
Rosemary’s Baby: il romanzo di Ira Levin.
Il libro, pubblicato nel 1967, narra la vicenda di una coppia (composta da Guy e Roosemary Woodhouse) che si trasferisce a New York. Il palazzo in cui prende residenza, tuttavia, è tanto elegante quanto misterioso ed oscuro. Ciò che contribuisce a renderlo tale è specialmente la presenza dei signori Castevet, i vicini dei Woodhouse. Essi, alla fine, si rivelano appartenenti ad una congrega satanica con uno scopo ben preciso: fare in modo che nel ventre di Roosemary, anziché un bambino normale, prenda vita l’Anticristo.
Rosemary’s Baby è senza dubbio un romanzo horror, ma non si limita solo a questo. La storia di Levin, infatti, affronta diverse questioni di un certo spessore (seppur talvolta attraverso delle metafore). Ad esempio, Roosemary può essere il simbolo dell’integrazione in una società nuova (poiché prima di raggiungere New York, abita in campagna). O ancora: la scelta dei Castevet di invocare il demonio, può rappresentare un abbandono dei principi morali, causato dal capitalismo avanzato.
Da dove ha tratto ispirazione, Ira Levin, per il suo capolavoro? Una possibile risposta a questa domanda si trova nella cosidetta “leggenda di Hull House”. Si tratta di un racconto nato e diffusosi a Chicago, lo stesso luogo in cui si trova la suddetta Hull House: una casa in cui, agli inizi del novecento, potevano trovare rifugio i meno fortunati. Secondo i fatti narrati, improvvisamente si presentarono alla porta dell’edificio migliaia di persone, da diverse parti del mondo. Chiedevano tutti di poter vedere un bambino diavolo che, a causa di particolari circostanze, doveva essere nato nella casa. Più probabilmente, però, lo scrittore fu ispirato da un titolo che, nel 1966, riempiva la copertina del Time: “Is God dead?” (“Dio è morto?).
Nel 1968 Roman Polanski ha trasformato il romanzo in una pellicola indimenticabile.
Se la storia di Rosemary’s Baby è famosa praticamente in tutto il mondo, è merito soprattutto dell’omonimo film diretto da Roman Polanski, nel 1968. La pellicola (“Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York”) è ben presto diventata un cult del cinema horror e ha ispirato numerose altre opere cinematografiche a sfondo satanico (come l’Esorcista e Omen). La regia di Polanski è stata impeccabile, curata in ogni dettaglio e pervasa da un senso di mistero e ambiguità per tutta la durata.
L’attrice che si è occupata di interpretare Rosemary è stata Mia Farrow. Pare che quest’ultima abbia tenuto un quaderno di appunti sul set. E scriveva giorno per giorno i nomi di chi la trattava bene e di quelli che con lei si comportavano male. Curiosamente, il regista venne inserito nella lista dei cattivi. La ragione è che Roman Polanski costringeva l’attrice a mangiare del fegato crudo, per provare alcune scene del film. Lo faceva nonostante sapesse che Mia fosse vegetariana.
Tra gli altri attori sono da ricordare Ruth Gordon (vincitrice di un oscar come miglior attrice non protagonista, nella parte di Minnie Castevet), John Cassavetes (nel ruolo di Guy Woodhouse), Sidney Blackmer (che ha interpretato Roman Castevet) e Maurice Evans (nei panni di Edward Hutchins: lo scrittore amico di Rosemary che tenta invano di metterla in guardia dai pericoli che la circondano).
È davvero, Rosemary’s Baby, il film maledetto per eccellenza?
Se il lettore ha trovato bizzarro o inquietante quello che ha scoperto finora sul conto di Rosemary’s Baby, allora sarà meglio che si prepari a leggere le prossime righe con una certa dose di coraggio. Si dice infatti che, la pellicola di Roman Polanski, sia l’opera più nota in materia di “film maledetti“. Ciò avviene per via delle numerose sciagure che hanno colpito molti colori dei quali, in un modo o nell’altro, hanno avuto a che fare col film. Innanzitutto c’è il caso Sharon Tate, la moglie di Polanski, che è stata brutalmente assassinata nell’estate del 1969 da una setta di fanatici, seguaci del celebre Charles Manson. E ciò è accaduto (ironia della sorte) mentre Sharon era incinta.
L’evento che sorprende maggiormente, tuttavia, è probabilmente quello connesso a Maurice Evans. Come già anticipato, l’attore in questione si è occupato di interpretare Edward Hutchins, anche detto “Hutch“. Si tratta di un personaggio amico di Rosemary, che tenta di far luce sugli strani accadimenti che la stanno sconvolgendo. Edward, tuttavia, muore tragicamente, cadendo in un burrone e battendo la testa. E per quanto possa essere assurdo, anche l’attore incaricato di interpretarlo, ha fatto una fine simile: Maurice Evans, difatti, si è ferito al capo, dopodiché è entrato in coma ed è morto.
I nomi di altre “vittime” della maledizione di Rosemary sono quelli di William Castle e Robert Evans. I due produttori hanno detto di aver cominciato ad avere problemi di salute subito dopo l’inizio delle riprese. E ricordate il palazzo di New York in cui la coppia si trasferisce all’inizio della storia? Si tratta di un edificio noto come Dakota: lo stesso in cui ha preso spesso alloggio John Lennon e dove, qualche anno dopo l’uscita della pellicola, è stato ucciso da un fan esaltato.
Rosemary’s Baby non è mai stato dimenticato dagli appassionati del genere.
Nel 1976 c’è stato un seguito intitolato “Guardate cos’è successo al figlio di Rosemary”, con la regia di Sam O’Steen. Nel 2014, invece, è andata in onda una una mini serie da due episodi, anch’essa basata sulla storia di Ira Levin. Rispetto all’impatto che il romanzo e il film di Polanski hanno avuto sulle masse alla loro uscita, c’è da meravigliarsi che Rosemary’s Baby non sia stato frutto di altri remake o rivisitazioni cinematografiche.