“Faccio film che la gente chiama Horror perché voglio girare pellicole sulle cose reali che accadono nel mondo: molte di esse non sono affatto belle.”

Controverso, agghiacciante ma pur sempre ispirato alla realtà: Ruggero Deodato ha basato la sua vita artistica su queste regole, sperimentando il più possibile e accettando il senso di sfida che ti dà il poter creare qualcosa di sconvolgente partendo da qualcosa di vero. Niente politicismi, niente arte sociale o di denuncia, ciò che è sempre importato a Monsieur Cannibal è stato sempre e solo il cinema.

Nato a Potenza ma trasferitosi subito a Roma, entra nel mondo cinematografico come comparsa nei film Destinazione Piovarolo, Il Coraggio e I Ragazzi dei Parioli, di Domenico Paolella. In seguito, la sua passione lo portò verso la regia, lavorando come vice-regista in Il Generale della Rovere, Django, Danza Macabra e tanti altri film, che lo formarono e gli diedero l’esperienza necessaria per poter esordire nel 1964 con Ursus il Terrore dei Kirghisi.

ruggero deodato

È proprio questa gavetta che, secondo lui, manca nei ragazzi di oggi che si affacciano al mondo del cinema:

Ai miei tempi si giravano 400, 500 film in un anno. Adesso se ne fanno molti di meno. E quando mancano i film, manca anche la possibilità di fare gavetta, di imparare, di sporcarsi le mani su un set. Adesso i ragazzi non passano più per quella gavetta lì, sono già tutti registi, sceneggiatori, attori.

Spot, Thriller, Polizieschi e poi… Cannibali

Per Deodato la sperimentazione era fondamentale: piccole e grandi produzioni, sia italiane che internazionali, ma anche spot televisivi:

Non sai che soddisfazione mi dà, quando mi chiamano per girare lo spot pubblicitario per una sedia. È lì la vera sfida, per me: dare vita a un oggetto morto – ed hai soltanto trenta secondi per rendere tutto questo interessante.

Poi un lampo a ciel sereno: nel 1977 arriva Ultimo Mondo Cannibale, originariamente sequel di Il Paese del Sesso Selvaggio di Umberto Lenzi. Il film doveva essere diretto da quest’ultimo e gli attori erano gli stessi della pellicola precedente: fu il primo film in Italia a mostrare scene molto esplicite di cannibalismo e diede il via alla trilogia dei cannibali.

Dopo una breve pausa per sperimentare ancora con un lacrima movie, nel 1980 esce finalmente Cannibal Holocaust, che lo consacra nell’olimpo dell’horror e lo rende uno dei registi più controversi di sempre. Tanti gli aneddoti legati a questo film: quando gli fu inizialmente proposta l’idea di un secondo film sui cannibali, Deodato rifiutò perché non era nel suo interesse fare un lavoro simile ad un suo precedente; l’idea dei quattro giornalisti però gli piacque a tal punto da cambiare idea.

Cannibal holocaust

Ruggero Deodato mentre dirige Cannibal Holocaust

Sappiamo quasi tutti ormai che per le immagini molto controverse fu anche condannato a quattro mesi di carcere con la condizionale. Cannibal Holocaust fu anche il primo Mockumentary Horror della storia del cinema: la seconda parte del film (The Green Inferno) fu girata in 16 mm, con la pellicola graffiata e un uso costante della macchina a mano, per dare la sensazione del vero filmato non professionale. Deodato, riguardo alla lavorazione della pellicola ha poi affermato:

Ci misi una cura maniacale in quel film perché tutto fosse perfetto, ho strisciato addirittura la pellicola per rendere il tutto più veritiero.

A concludere la trilogia fu Inferno in Diretta, film d’azione del 1985 con forse più violenza e gore del precedente capitolo della trilogia.

Tanti generi diversi, pochi lampi

Gli anni seguenti della sua carriera lo vedono continuare a variare genere, passando dallo slasher (Camping del Terrore), al fantasy (The Barbarians), al thriller/giallo (Un Delitto Poco Comune) fino ad arrivare alle fiction, con I Ragazzi del Muretto, Noi Siamo Angeli (con Bud Spencer) e Padre Speranza, quest’ultimo bloccato dalla Rai perché troppo in concorrenza con Don Matteo.

ruggero deodato

Ruggero Deodato e Micheal Berryman in Inferno in Diretta.

Per lui ci sono state anche piccole parti in film più o meno famosi: Hostel: Part II, The Museum of Wonder e Nero Infinito.

Nel 2016, dopo 23 anni, è finalmente tornato dietro la macchina da presa con Ballad in Blood, un misto tra giallo, thriller ed orrore, presentato per la prima volta al Lucca Film Festival. Da ricordare anche la prima proiezione doppiata del film, avvenuta al FiPiLi Horror Festival del 2017, dove eravamo presenti in sala.

L’amicizia speciale con Eli Roth e Green Inferno

Il rapporto tra i due è molto simile a quello tra mentore ed allievo, con Roth tremendamente affascinato sin da piccolo all’horror italiano di Dario Argento, Lucio Fulci, Sergio Martino, Mario e Lamberto Bava e ovviamente Ruggero Deodato. In una intervista quando il regista stava presentando The Green Inferno al Festival di Roma, parlò così di Cannibal Holocaust:

E che dire di Cannibal Holocaust? Pensavo che questi registi fossero in carcere, perché i film sono così realistici, è come se avessero davvero ammazzato qualcuno. Deodato fu la seconda unità di Rossellini, Fulci lavorava con Corbucci, il mix di violenza e realismo ha dato forma a un genere para-documentaristico che oggi appartiene ai vari Paranormal Activity e Cloverfield: sì, sono i film più importanti contemporanei, e tutto si deve a Deodato.

Altro fan di Ruggero è Quentin Tarantino, che lo ha voluto fortemente nel cast di Hostel: Part II, di cui era produttore, in una breve parte nei panni di un cannibale italiano.

Hostel

Il cameo di Deodato in Hostel: Part II

Come ovviamente è nel suo stile, Deodato non ha mancato di bacchettare il povero Roth per il suo The Green Inferno, ispirato proprio all’opera più importante di Monsieur Cannibal:

Green Inferno, però, per me è un film sbagliato, sotto molti punti di vista. Credo che Eli si sia fatto prendere dalla paura e abbia cominciato a vaneggiare un po’: terrorizzato all’idea che etichettassero il suo film come cinema di serie B, ha cominciato a citare Herzog, poi Tarantino… insomma di Deodato neanche l’ombra. […] Sì, le location sono meravigliose, gli attori bravissimi… ma che dire della tribù? Sembravano tutti finti, macchiettistici quasi. La cosa che mi è piaciuta di più di quel film? La dedica “A Ruggero”, nei titoli di coda.

Senza peli sulla lingua, diretto e reale, come il suo cinema.

Ruggero Deodato resterà per sempre nella storia del cinema horror (a suo malincuore). Deve piacere a tutti? Assolutamente no. È in fondo anche questa la bellezza del personaggio, rispecchiata appieno in tutte le sue opere.