Un racconto da brivido sospeso tra religione e forze soprannaturali: Saint Maud arriva finalmente anche in Italia. Rose Glass crea un horror atipico, capace di catturare lo spettatore e non lasciare indifferenti
Presentato per la prima volta al Toronto Film Festival nel 2019, dopo quasi 2 anni, arriva in VOD il primo lungometraggio di Rose Glass. Saint Maud è un’opera prima estremamente concisa ma allo stesso tempo complessa e simbolica. Veniamo subito immersi nella storia di Maud, quasi senza avere il tempo di rendercene conto e, insieme a lei, ci troviamo a sprofondare (o ascendere) verso qualcosa di ignoto e misterioso.
Più il film prosegue, più aumentano anche i simbolismi, non solo religiosi. La regista richiede una soglia di attenzione alta allo spettatore per cogliere tutte le sfumature di quello che passa nella mente della giovane ragazza. Morfydd Clark, peraltro candidata tra le migliori attrici esordienti agli scorsi Bafta, è sensazionale. Riesce a dare spessore al suo personaggio, quasi come fece Anya Taylor-Joy con la sua Thomasin in The VVitch di Eggers. Seguiremo, passo passo, il percorso di scoperta della fede di Maud, attraverso anche la sua visione distorta della realtà.
Un’infermiera dell’anima
Dopo una sbirciata nel tragico passato di Maud, infemiera presso un ospedale di una piccola cittadina inglese, il film inizia con il suo primo giorno come infermiera privata. Già solo l’inizio di Saint Maud risulta significativo quando la ragazza alza gli occhi al soffitto e vede uno scarafaggio camminare sopra di lei. L’insetto sarà una costante all’interno del film, quasi un’entità divina a cui rivolgere le preghiere.
Nella simbologia lo scarafaggio oltre ad indicare repulsione e disgusto, serve anche a simboleggiare l’ignoto che nasce da una forza oscura dentro di sé. Forse la giovane aveva sbagliato verso chi rivolgere le proprie preghiere?
Arrivata ad una vecchia ma lussuosa casa sulla collina, impossibile non pensare alla dimora di Norman Bates in Psycho, fa la conoscenza della sua paziente da assistere. Amanda Kohl era una grande ballerina classica a livello internazionale, ormai costretta alle cure per un tumore degenerativo alla spina dorsale. All’apparenza le due non potrebbero essere più diverse: una timorata dalla fede e l’altra dedita al fumo ed all’alcool per il poco tempo che le resta da vivere.
Jennifer Ehle, che interpreta l’ex-ballerina, riesce a creare talmente tante sfaccettature con il suo personaggio, che sembrerà anche a noi di conoscere l’intera vita di Amanda alla fine del film. Il loro rapporto vivrà di alti e bassi: con Maud che è intenzionata a prendersi cura dell’anima della donna, pensando a sé come una salvatrice.
William Blake e la distorsione della fede
Il momento in cui Maud si convince del suo compito spirituale è quando Amanda la cita come sua salvatrice nella dedica di un libro su William Blake, datole in regalo. La scelta della Glass non è casuale, infatti il paragone con le opere dell’artista tornerà molte volte in Saint Maud.
Le prigioni sono costruite con le pietre della legge, i bordelli con i mattoni della religione
Il poeta ed artista romantico non rinnegava l’idea di fede, quanto quella della religione precostituita. Lui era convinto che la religione praticata nel Mondo fosse in realtà un culto a Satana, con le sue regole e i suoi dogmi stringenti. Nei suoi dipinti, infatti, l’uomo è sempre conteso tra angeli e demoni per il possesso dell’anima. Siamo davvero sicuri di conoscere la vera dicotomia tra le parti?
Forse il Male non è riconoscibile come nei dipinti più famosi di Blake, ma è qualcosa di molto più subdolo che forse si spaccia per il Salvatore.
Oscuri ed inquietanti parallelismi
Ad un certo punto di Saint Maud, l’infermiera diventa anche ossessionata dai dipinti di Blake nel libro da ritagliarne alcuni. Uno in particolare colpisce la sua attenzione: due angeli che vegliano sul sepolcro del Cristo.
La ragazza imiterà le mani giunte degli angeli, sentendosi lei stessa una salvatrice che deve vegliare su un’anima che sta per lasciare questo Mondo. Blake però regala un parallelismo inquietante con lo stesso Lucifero, che unisce l’immagine minacciosa del Drago Rosso con la leggerezza degli angeli. Il paragone con quello che accadrà a Maud è parecchio indicativo.
Le ali compariranno anche a Maud nella parte finale del film e ricorderanno molto quelle del Lucifero di Blake. Forse, anche la ragazza come l’angelo caduto, peccherà di superbia andando ad abbracciare quel lato oscuro che da sempre cerca di prendere possesso della nostra anima.
Questa dicotomia tra Bene e Male la riscontriamo anche in alcuni momenti di estasi di Maud in cui i suoi occhi avranno l’eterocromia. La mutazione dell’iride ben rappresenta le due forze in eterna lotta tra loro.
Un horror sofisticato e magnetico
Sotto il comparto tecnico a Saint Maud si può dire veramente poco. Rose Glass dimostra un’innata maturità con la macchina da presa. Movimenti lenti in ambienti chiusi e spesso stretti, accompagnano lo spettatore. Un montaggio molto rapido all’inizio non manca di catapultarlo nella storia. Riesce anche a creare alcuni jumpscare, però davvero ben realizzati e, soprattutto, inaspettati!
La fotografia riesce ad essere scura in alcuni momenti per poi esplodere nei momenti di estasi di Maud con toni più accesi. Interessante notare come la stessa fotografia venga distorta anche per lo spettatore quando guarda con gli occhi della ragazza ed assiste ad alcune sue visioni.
Le musiche non sono mai troppo invadenti ed accompagnano perfettamente l’azione. Il tutto va ancora di più ad aumentare il potenziale magnetico che il film provoca allo spettatore, che si trova trascinato anche lui nel vortice che inghiotte la stessa protagonista.
Saint Maud è un horror che alza l’asticella della qualità, dopo illustri predecessori come Eggers ed Aster. Un film che porta lo spettatore a farsi inquietanti domande sulla fede, seguendo una giovane infermiera da un oscuro potenziale
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