Il genere della ghost story è forse uno dei più antichi nel panorama horror. Un’infinità di film ce l’hanno illustrato, tra cui una produzione Netflix del 2016 intitolata Sono la bella creatura che vive in questa casa. Scritto e diretto dal visionario Oz Perkins, vede protagoniste Ruth Wilson (Anna Karenina, Omicidio nel West End), Paula Prentiss, Bob Balaban (Incontri ravvicinati del terzo tipo, Asteroid City) e Lucy Boynton (Bohemian Rhapsody, February – L’innocenza del male).
La trama
Lily Saylor (Ruth Wilson), infermiera ventottenne, è incaricata di prendersi cura della signora Blum (Paula Prentiss), ex scrittrice di romanzi horror. Sin dal primo giorno della sua permanenza in quella vecchia casa, Lily è irrequieta e angosciata dall’atmosfera che la circonda. Con il passare del tempo emerge qualcosa di insidioso: rumori durante la notte, muffa sui muri e un libro che sembra raccontare fatti realmente accaduti nella casa.
Una casa in cui è morto qualcuno non può essere più comprata o venduta dai vivi, può essere solo prestata dai fantasmi che vi sono rimasti
Lily Saylor (Ruth Wilson)
Oz Perkins torna dietro la macchina da presa con una storia di fantasmi. Figlio d’arte, del grande volto del cinema Anthony Perkins, ci propone un racconto circolare, che inizia e si conclude con lo stesso leitmotiv recitato dalla protagonista. Una sorta di Il giro di vite 2.0.
Una ghost story che parla per immagini
Sono la bella creatura che vive in questa casa è un film che si distingue, anzitutto, per la sua capacità di evocare atmosfere inquietanti e suggestive attraverso immagini potenti e una regia raffinata, attenta ai dettagli. La fotografia, caratterizzata da toni pallidi e giochi di chiaroscuro, contribuisce a creare un senso di oppressione e mistero che avvolge lo spettatore dall’inizio alla fine. Le lunghe sequenze, spesso prive di dialoghi, lasciano spazio all’interpretazione e all’immaginazione, rendendo l’esperienza ancora più coinvolgente. Le inquadrature fisse e silenziose danno quel senso di immobilità angosciante di cui non ci si libera fino all’ultimo frame. L’utilizzo dei fade-out alla fine di ogni scena amplifica la sensazione di disagio e di incertezza, sottolineando la natura effimera e inafferrabile della realtà che circonda i protagonisti.
Un’opera perfetta per Shirley Jackson
L’opera di Oz Perkins riecheggia i temi cari a Shirley Jackson, maestra indiscussa del racconto gotico americano. La solitudine, l’inquietudine e la paura dell’ignoto sono elementi centrali nella produzione della scrittrice, e trovano in Sono la bella creatura che vive in questa casa una rappresentazione magistrale. Il film esplora la fragilità della psiche umana e il suo rapporto con l’ignoto, creando un’atmosfera di tensione psicologica che tiene lo spettatore incollato alla sedia.
La casa diviene un personaggio a sé stante, un luogo carico di segreti e di presenze misteriose che influenzano profondamente la protagonista Lily. Sembra quasi una fedelissima trasposizione di un ipotetico romanzo della Jackson. Di fatti i tre temi principali che ritroviamo nella serie antologica The Haunting, ci vengono riproposti ma in una maniera ancora più vivida. Vita, morte e memoria formano così un triangolo che si compone minuto dopo minuto durante il film. Proprio come in The Haunting Of Bly Manor, i fantasmi con il passare del tempo dimenticano sé stessi e vengono dimenticati.
Il gotico letterario sui nostri schermi
Questa pellicola si inserisce a pieno diritto nella tradizione del gotico letterario, riprendendone i canoni estetici e i temi fondamentali. L’ambientazione cupa e suggestiva, l’atmosfera di mistero e di inquietudine, la presenza di fantasmi e di altri elementi soprannaturali sono tutti elementi tipici del genere che vengono sapientemente utilizzati da Perkins per creare un’opera dal taglio originale. L’assenza di jumpscare allontana quella fetta di pubblico che cerca solo adrenalina. Il film omaggia i grandi classici del gotico senza per questo rimanerne prigioniero, mettendo in luce la vitalità di questo genere cinematografico e la sua capacità di parlare ancora oggi al pubblico contemporaneo.
Conclusioni
Sono la bella creatura che vive in questa casa è un film che funziona in tutto. Dalla sceneggiatura alla fotografia, lo spettatore viene coinvolto in una spirale di solitudine, inquietudine e angoscia spettrale che permea tutta la pellicola. Quello che Oz Perkins lascia nelle mani del pubblico è, quindi, una ghost story che parla per immagini. Le lunghe sequenze ornate da una fotografia pallida e che gioca sul chiaroscuro, i fade-out alla fine di ogni scena. Fa tutto parte di quella vecchia casa, diventata un punto d’incontro fra vivi e morti, fra amore e odio, fra ricordo e oblio. Un horror gotico alla vecchia maniera, con echi letterari che seguono il filone autentico della storia di fantasmi.
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