Lo scorso 11 settembre è uscito Speak no evil, il remake made in USA dell’omonima pellicola danese del 2022. Prodotto dalla Blumhouse e distribuito da Universal Pictures è ancora disponibile in sala.

Trama

Louise (Mackenzie Davis), Ben (Scoot McNairy) e Agnes (Alix West Lefler) sono una famiglia americana trasferitasi a Londra per lavoro. Durante una vacanza in Italia, incontrano Paddy (James McAvoy), Ciara (Aisling Franciosi) e il loro figlioletto Ant (Dan Hough), una famiglia che vive nelle campagne inglesi. Una volta rientrati dal soggiorno, i due nuclei decideranno di tenersi in contatto. Pertanto, l’invito da parte di Paddy di trascorrere un weekend insieme, nella loro tenuta in campagna, non sembra essere sospetto. Ma, come spesso accade, niente è come sembra.

Trailer di Speak no evil, disponibile su YouTube

Recensione

“Ogni volta che esce un remake, gli Dei lanciano una moneta. E il mondo trattiene il fiato”. Se non avete colto la citazione, probabilmente non siete fan di Game of Thrones, ma non preoccupatevi, il senso è esattamente quello che state immaginando. L’uscita di un remake è sempre un momento di tensione ed estremamente divisivo. Soprattutto quando la pellicola originaria è un prodotto di buona o ottima qualità, come nel caso di Speak no evil (Gæsterne in danese, letteralmente gli ospiti, di cui trovate la nostra recensione qui). Questo perchè ci sono tre grandi fattori di rischio: perdere l’aspetto di novità, perdere l’autenticità o fare un completo disastro (si veda Oldboy di Spike Lee). Per questo Speak no evil possiamo dire che il terzo fattore è stato scongiurato, ma qualcosa sulle altre due dimensioni va certamente sottolineato e lo faremo nei prossimi paragrafi.

Una prima valutazione generale

Il remake di Speak no evil è, complessivamente, una pellicola che sta in piedi. Eliminando quell’aspetto estremamente cupo della fotografia originale, decide di puntare su una scelta stilistica più luminosa, ma non per questo meno inquietante. Abbiamo imparato da Ari Aster, con il suo Midsommar, quanto la luce non sia poi un deterrente al terrore, anzi. Gli attori sono tutti estremamente in parte, e James McAvoy (Paddy), ci regala una reinterpretazione di Patrick (Fedja van Huêt) decisamente capace. I problemi principali sono relativi alla perdita dell’originalità e di autenticità.

La perdita dell’originalità

Speak no evil del 2022 (che da ora in poi chiameremo con il titolo originale Gæsterne per non creare confusione) era una pellicola che, seppur non mostri nulla di estremamente originale, ha un timbro stilistico e una costruzione della narrazione apprezzabile. Nonostante, infatti, questo non si possa definire strettamente un home invasion, nella sua accezione più classica, è possibile ricondurlo a questo stile e, per diversi aspetti, richiama uno dei capisaldi di questo filone: Funny Games (di cui trovate qui la recensione del remake e qui il confronto tra remake ed originale). L’apparente gentilezza di Patrick e Karin, che nasconde solo superficialmente la loro vera natura, è un tributo vero e proprio a Paul e Peter della pellicola di Haneke. Ha, inoltre, un rimando a Teorema di Pasolini e, conseguentemente, a Visitor Q di Takashi Miike (di cui trovate la recensione qui). La relazione tra Bjørn e Louise è, infatti caratterizzata dall’insoddisfazione. Insoddisfazione che Bjørn prova anche rispetto alla sua vita lavorativa. Come in Teorema e in Visitor Q, l’ospite ha il ruolo di risvegliare la famiglia dalla situazione di torpore in cui è caduta e rivelarne, nel primo caso l’ipocrisia borghese, nel secondo caso la disfunzionalità. Nel caso di Gæsterne (Speak no evil, 2022) Patrick e Karin “risvegliano” l’affinità di coppia tra Bjørn e Louise, permettendo al primo di riconciliarsi con la sua personalità e poi alla coppia di comunicare. Tutto ciò è presente anche in Speak no evil, ma perde di potenza comunicativa perchè ricalca pedissequamente le orme di Gæsterne.

Barriere linguistiche e culturali

Un altro aspetto che non verte a favore di questo Speak no evil è sicuramente l’assenza delle barriere linguistiche e culturali presenti in Gæsterne. Nell’originale, infatti, la coppia formata da Bjørn e Louise è danese, mentre la coppia formata da Patrick e Karin è olandese. Questo aspetto, apparentemente insignificante, risulta invece di estrema importanza ai fini della costruzione del rapporto all’interno del gruppo. Le “stranezze” della coppia olandese vengono, spesso, attribuite ad una diversa cultura e a delle differenti abitudini sociali. Il muro di incomunicabilità che si instaura tra le due coppie, a causa della diversa origine geografica, viene alimentato dalla barriera comunicativa. Questo aspetto è sottolineato da una scena che, purtroppo, nel doppiaggio italiano è stata stravolta.

ALLERTA SPOILER

La scena a cui faccio riferimento è quella del pranzo, in cui Karin rimprovera Agnes, per come sta apparecchiando la tavola e di cui ha parlato approfonditamente Luciana Perrucci, in arte Svet (Instagram: svet_nab). Nella versione originale Karin si rivolge ad Agnes parlando in olandese e mettendola in difficoltà. La scena ha un doppio significato: da un lato mettere nuovamente a disagio i genitori di Agnes Bjørn e Louise, ma dall’altro quello di far capire alla ragazza che il suo destino è di rimanere in danimarca con Patrick e Karin, come è successo precedentemente ad Abel.

FINE SPOILER

In Speak no evil, questo aspetto di dualità linguistica viene completamente cancellato. Le due coppie sono entrambe anglofone (americani e britannici) e, per quanto, possa esserci effettivamente una barriera culturale, il fatto che Louise e Ben abitino a Londra, attenua la distanza tra i membri del gruppo.

La distruzione del significato originale

QUESTO PARAGRAFO E’ FULL SPOILER

Per una buona metà del film Speak no evil è sostanzialmente identico all’originale Gæsterne, fatto salvo delle scelte stilistiche e di costruzione dei personaggi di cui ai paragrafi precedenti. A circa metà della pellicola, essa si allontana da quella originale e culmina stravolgendone il finale. Sia ben chiaro, nel momento in cui si decide di fare un remake è ovvio che ci debbano essere delle differenze con l’opera originale. Il “problema” sorge quando queste sovvertono completamente il messaggio iniziale, senza tuttavia costruirne uno nuovo che sia altrettanto solido e credibile. Se Gæsterne, infatti, terminava con la lapidazione dei due coniugi danesi, metafora della morte della propria identità, in favore di accondiscendenza e ipocrisia, in questo Speak no evil i coniugi americani reagiscono e il film culmina con la vendetta del piccolo Ant su Patrick. Ora, pur conscia che una scena del genere strizzi l’occhio al desiderio di vendetta dello spettatore, soprattutto di coloro che hanno visto Gæsterne, essa fa perdere lo spessore psicologico che la pellicola originale voleva mantenere. In Gæsterne, la metafora sottesa, di pasoliniana memoria, era una critica alla società del perbenismo. Metafora che viene richiamata più volte in questo remake, soprattutto tramite le parole di Patrick il quale, più volte, inneggia alla sincerità, ma che poi viene completamente abbandonata, in favore di un finale più “acchiappa like”.

FINE SPOILER

Conclusioni

Speak no evil è un film che, sostanzialmente, sta in piedi ed è godibile, se non fosse per il fatto che è un remake. La presenza dell’originale atrofizza tutte le buone caratteristiche della pellicola, rendendola il solito remake per il largo pubblico, di un prodotto originariamente di nicchia. Qualora non aveste mai visto la pellicola originale, probabilmente è un film che apprezzerete, ma per tutti noi che abbiamo avuto modo di vedere prima Gæsterne questo Speak no evil rimarrà un grande ni. Perchè non basta inserirmi una frase come “la strana coppia danese” per convincermi di aver fatto un buon lavoro.

Classificazione: 2.5 su 5.