Il primo gennaio 2019 usciva in sala il divisivo Suspiria di Luca Guadagnino, rivisitazione dell’omonimo film di Dario Argento del 1977, a sua volta tratto dal romanzo Suspiria De Profundis di Thomas Quincey.
Trama
È il 1977. Susy (Dakota Johnson), una ballerina americana ripudiata dalla madre e dalla sua comunità mennonita, si trasferisce a Berlino Ovest per entrare a far parte di una famosa compagnia di ballo. Una delle allieve, Patricia (Chloë Moretz) è sparita dopo aver rivelato al suo psicoterapeuta che, secondo lei, la scuola è una copertura per una congrega di streghe. La suprema, secondo il suo racconto, sarebbe Helena Markos, una vecchissima strega che si proclama la madre dei sospiri e che, ormai in decadenza, sarebbe alla ricerca di una giovane in cui reincarnarsi. Susy dimostra ben presto immense dedizione e docilità, attirando così l’attenzione delle insegnanti, madame Blanc (Tilda Swinton) su tutte, e presentandosi come la candidata ideale a raccogliere l’anima di Markos. Mentre le ballerine iniziano a preparare il Volk, la scuola diventa teatro di sparizioni, morti, divisioni interne che condurranno alla scoperta della verità nel finale.
Un rifacimento raffinato ma brutale
Guadagnino è noto per il suo stile raffinato e delicato che però non lesina su contenuti disturbanti, creando un mix letalmente attraente come si è visto da poco nella storia d’amore cannibale che è Bones and All. Suspiria è stato il primo esperimento del cineasta italiano in campo horror e, com’è da aspettarsi quando si toccano i mostri sacri, ha ricevuto molte critiche: c’è chi questa rivisitazione non l’ha apprezzata per nulla. Argento stesso l’ha detestata. Ma Suspiria di Guadagnino è un film importante, completamente al femminile (l’unico personaggio di rilievo maschile, il dottor Klemperer, è interpretato sempre da Tilda Swinton), che si presta a molte interpretazioni ma che presenta un innegabile animo femminista.
La ricerca della perfezione
Come detto in precedenza, Susy è completamente votata alla danza. È una perfezionista che conosce a memoria i passi del Volk e li prova e riprova al limite dell’ossessione. Quando Olga, la prima ballerina, litiga con le insegnanti, Susy sta proprio provando quei passi. Le due ballerine si trovano in due stanze diverse, ma i movimenti di Susy si riflettono magicamente sul corpo di Olga, come se mani e piedi delle due fossero collegati. Olga è costretta così a ballare una danza di distruzione, siccome i movimenti di Susy ne contorcono, deformano e spezzano il corpo. E il corpo è l’ossessione principale del film. Quello della protagonista è costantemente sotto osservazione, toccato, desiderato, selezionato come quello più adatto per portare avanti l’eredità della congrega. Susy è apparentemente il contenitore migliore per l’anima di Helena Markos: è silenziosa, docile, obbediente. Ma deve essere ulteriormente elevata, e il suo è un perfezionamento che le insegnanti conducono a discapito delle altre. Chi non si adatta o avvicina a quel modello ideale è destinata all’(auto)distruzione: di Olga, appunto, resta solo una poltiglia.
La strega
Suspiria è una moderna storia di streghe e, non a caso, la vicenda principale è contornata dalla tensione tra Russia e Stati Uniti. C’è la paura dei comunisti così come quella della libertà delle donne, perché gli anni Settanta sono anche gli anni della seconda ondata femminista. Quelle che in passato venivano etichettate come streghe e poi arse vive, è bene ricordarlo, altro non erano che donne considerate deviate rispetto ad una presunta norma. Patricia, Olga, la migliore amica di Susy, Sara (una come sempre splendida Mia Goth), sono tutte donne che si fanno troppe domande, che indagano, che alzano la testa, e che per questo meritano la punizione. Ma nel finale Suspiria scopre le sue carte e ciò che fino a quel momento ci ha mostrato viene totalmente stravolto.
Riappropriazione
Il film si conclude con un sabba che però non va nel verso sperato perché Susy non è quella che sembrava. Non è una marionetta, un involucro vuoto, una materia plasmabile. Susy è la Madre dei Sospiri, quella vera, e dimostra tutto il suo potere riprendendo possesso di sé e del proprio corpo, quello guardato e toccato per tutta la durata del film, quello preso a modello. Un corpo fatto di carne e muscoli che la macchina da presa segue ora da vicino, vicinissimo, e poi da lontano, per includerlo tutto. Un corpo forte che porta con sé valori diversi e che si contrappone al corpo in putrefazione di Helena Markos. Susy è pronta a prenderne il posto, distruggendo spietatamente chi ha causato tanto dolore e concedendo la grazia a chi è stata vittima di quel modo di vedere monolitico, che non concepisce modi d’essere differenti rispetto al modello ideale.
Conclusioni
Suspiria è un film incredibile. Riproduce alla perfezione l’estetica degli anni ’70 e vive di suggestioni, di non detti, di sospiri, riprodotti anche dalla splendida colonna sonora di Thom Yorke. È un film su donne terribili, madri che rifiutano il proprio ruolo, ragazze intelligenti e curiose, streghe spietate. Ma i confini non sono mai netti e definiti.