Due anni dopo lo strepitoso successo di Profondo Rosso, esattamente il 1 febbraio del 1977, Dario Argento fa uscire nelle sale Suspiria.

Il genio del regista romano brilla di una luce accecante, ma sinistra; nei suoi film scava nell’inconscio, trafuga i meandri delle devianze criminali, sciocca e scandalizza il pubblico con spargimenti di sangue che sembrano seguire un solo filo conduttore: la pazzia, nella sua forma più malvagia.

Suspiria rappresenta una svolta verso il tema stregonesco e inaugura una seconda trilogia (la prima, detta degli animali, racchiude i primi film usciti all’inizio del decennio); le protagoniste diventano le tre madri, le Signore del dolore, ognuna caratterizzata da tratti che le rendono sintesi del male e portatrici di morte e sofferenza.

Il film è ambientato nell’accademia di danza classica di Friburgo, dove Susy Benner decide di perfezionare la sua arte. Sin dall’arrivo, però, percepisce nella scuola un’atmosfera funeste, una nebbia venefica che impregna gli ambienti. Di notte viene svegliata da strani rumori di passi, urla e finestre che si aprono d’improvviso. La morte di alcune allieve farà precipitare la situazione, fino a quando Susy non svelerà il segreto nascosto nei sotterranei della scuola, dove la più anziana delle tre streghe, Helena Markos, alias Mater Lacrimarum, vive come maestra venerata di un’antichissima congrega dedita alla magia nera, con le insegnanti tramutate in adepte. Il film termina con la morte della strega, cui farà seguito quella di tutte le altre, e con Susy che riesce a fuggire dal palazzo ormai in fiamme.

suspiria

Per stessa ammissione di Dario Argento, la pellicola è ispirata al Suspiria de profundis, un romanzo di Thomas De Quincey uscito nel 1845, da cui riprende il tema delle tre streghe e della casa infestata. Nel farlo gioca alternando atmosfere gotiche a luci colorate tipiche dei temi fiabeschi antichi da cui, però, decide di estrarre, come un veleno, solo le sfumature noir, in un processo di mitizzazione della follia che si manifesta in ogni espressione facciale e in ogni asperità del viso, grazie anche alla straordinaria fotografia del maestro Luciano Tovoli, in grado di far innalzare le recitazioni fin sopra le righe.

Dal punto di vista registico il lavoro svolto è abbagliante, cosi come la scelta stilistica di creare un’inquadratura nuova per ogni singola scena senza mai ripeterla due volte. Il processo di maturazione di Argento raggiunge la vetta più alta proprio a cavallo della seconda metà degli anni ’70, dove gli verrà riconosciuto un suo stile unico e irripetibile, rendendolo tra i registi più apprezzati e talentuosi al mondo. Il film è una discesa lenta in un intricato dedalo di alienazione visiva, dove nulla appare per ciò che è realmente e tutto si nasconde dietro le pareti eleganti e patinate di una scuola di danza.

suspiria

A livello esoterico Dario Argento fa un uso sapiente di simbologie magico alchemiche: dal numero 3, simbolo di perfezione e unità, alla danza, arte ambigua che tende al trascendente, fino all’esaltazione della magia nera come modalità conoscitiva e di controllo sulla realtà. Sceglie luoghi e città che si trovano all’interno di misteriosi triangoli magici, e crea una sintesi perfetta per un horror gotico che inganna e seduce, inquieta e attira e, infine, ti fa sprofondare nelle viscere di ciò che si nasconde dietro la luce, che vive all’ombra del rassicurante mondo regolato dalla scienza e dalla ragione.

Se è vero, come scriveva un grande antropologo come James Frazer nel suo Ramo D’oro (frase ripresa da una massima di San Vincenzo di Lerino), che:

Se la prova della verità consiste nel numero delle persone che ci credono, la magia, ben più a ragione della Chiesa Cattolica, può appellarsi all’orgoglioso motto – Ciò che è stato creduto dovunque, da sempre, da tutti come avallo indiscutibile della propria infallibilità

Suspiria ci pone di fronte l’antico dilemma, e lo fa con una potenza seduttiva che ha pochi eguali nel mondo ovattato e spesso banale del cinema.

Non abbiamo ancora fatto cenno alla colonna sonora dei Goblin, meritevole di un discorso a sé data la perfezione ritmica che riesce a raggiungere. Dopo l’esperienza aggressiva di Profondo Rosso, in Suspiria Simonetti e soci scelgono di seguire i ritmi più fiabeschi della trama, assecondando le vicende con tappeti musicali ora dark ora d’atmosfera, che racchiudono un decennio di sperimentazione artistica. Le otto tracce alternano il meglio del prog, del folk, del neo gotico e della musica elettronica, in un intreccio perfetto che amplifica il senso crescente di inquietudine che trasuda da ogni scena, preferendo ritmi meno serrati rispetto a Profondo Rosso e più educati verso sfumature soffuse.

suspiria

Vedendo il film non si può che rimanere sbalorditi dalla profondità evocativa e dalla maestria registica, per quello che è, a tutti gli effetti, il padre putativo del cinema horror italiano, che ha trovato una schiera infinita di fans sparsi per tutto il globo. Basta ricordare che in Giappone, alla sua prima uscita, il film fu proiettato in uno stadio stracolmo di 30 mila spettatori paganti.

A distanza di più di 40 anni Suspiria rappresenta un’esperienza cinematografica ipnotica, un’esperienza che nessun amante del genere può ignorare, un capolavoro senza tempo che si rinnova a ogni nuova visione.