Nella notte di Halloween strani individui si aggirano per le città. Perlopiù si tratta di persone con una gran voglia di divertirsi, ma c’è anche chi aspetta il 31 ottobre per soddisfare la sua sete di sangue. È il caso, ad esempio, di Art il Clown.
Personaggio misterioso e sadico, che si addice perfettamente al genere dello slasher, Art il Clown è il celebre antagonista di Terrifier: pellicola del 2016 scritta e diretta da Damien Leone, arrivata in Italia soltanto nel 2020, grazie alla distribuzione e al doppiaggio di Cine Museum.
Terrifier è uno di quei film che colpiscono per la presenza di un personaggio affascinante e per le scene cariche d’azione, più che per la trama.
La vicenda, infatti, è molto semplice: un paio di fanciulle, in giro durante la notte di Halloween, si imbattono in Art in Clown. Dapprima il pagliaccio si mostra innocuo – anche se comunque angosciante – presto però inizia ad uccidere chiunque gli capiti a tiro e la ragazze dovranno cercare di salvarsi. É facile notare dei cliché tipici dell’horror, come gomme d’auto che si bucano e telefonate senza risposta nel momento del bisogno. Ciononostante, tutto questo dona al film un’aria vintage apprezzabile, anche e soprattutto per via dello splatter.
Fiumi di sangue, corpi squartati e occhi cavati dalle orbite sono presenti in quantità nella pellicola di Damien Leone.
Certe scene sono decisamente crude, tanto che possono tenere testa allo spregiudicato Martyrs. Ma in Terrifier, come già anticipato, gli effetti speciali ricordano i film splatter anni ottanta: i trucchi sono ideati più per provocare sgomento nello spettatore, che per sembrare realistici. E sortiscono senz’altro l’effetto desiderato.
Intorno alla figura di Art si sviluppa un terrore in crescendo.
Le sue mimiche, espressioni facciali e gesticolazioni risultano magnetiche abbinate al make-up. Avremo tuttavia anche la possibilità di osservarlo in altre vesti o situazioni, come in un abitino da donna o su un triciclo che pare un chiaro riferimento a Saw – L’enigmista. Il volto di Art, con i suoi lineamenti sporgenti, è capace di trasmettere allo stesso tempo inquietudine e fascinazione, e forse alcuni avranno anche notato qualche somiglianza con la faccia di Bonnie Aarons in The Nun, specialmente per via del naso.
Ormai il grande schermo pullula di clown spaventevoli, che trovano spazio pressoché infinito nel cinema horror grazie alla COULROFOBIA.
Già, sembra una parolina magica, ma per chi ancora non lo sapesse la coulrofobia è la paura dei clown.
Secondo alcuni studi compiuti nel 2008 dall’Università di Sheffield , emerge che i pagliacci non siano molto graditi a nessuna fascia d’età, poiché dopo aver chiesto a 250 bambini cosa pensassero dei clown, gli studiosi constatarono che la maggior parte degli infanti non li amava e altri ne erano persino terrorizzati. Una ricerca compiuta da Knox College dell’Illinois, invece, portò due psicologi a chiedere a più di mille persone di fare una classifica dei mestieri che trovavano inquietanti: i clown risultarono essere al primo posto. Tale paura si sviluppa nell’età infantile, quando si fa fatica a separare la realtà dalla fantasia. Ma in certi casi non si riesce a superare, poiché pare che il 2% degli adulti sia ancora intimorito dai clown.
Faccia bianca, naso rosso e sorriso sgargiante… o agghiacciante?
Anche se esistono diverse teorie riguardo al motivo per cui si temono i pagliacci, tutti sono concordi nell’affermare che i clown facciano paura poiché il make-up e il travestimento non permettano di distinguere le loro intenzioni. Come posso capire se un pagliaccio voglia farmi ridere o farmi un’autopsia? Rispondere é praticamente impossibile, perché il trucco non lascia trasparire le vere intenzioni, emozioni e la reale personalità del clown.
Art lo mostra perfettamente in Terrifier, mostrandosi inoffensivo, quasi ingenuo nelle prime scene del film, per poi trasformarsi in una belva dalla furia omicida.
Il cinema e la letteratura dell’orrore hanno trovato grande ispirazione nella figura del clown.
It, il romanzo di Stephen King pubblicato nel 1986, è in modo indiscutibile l’opera che maggiormente ha influito sulla fama del pagliaccio, rendendola negativa e malevola. E l’omonima miniserie televisiva diretta nel 1990 da Tommy Lee Wallace ha contribuito a diffondere la coulrofobia. Ma esistono tanti altri esempi di film che si sono rifatti all’icona del clown malvagio: La Casa dei Mille Corpi (2003), Clown (2013), Killer Klowns from Outer Space (1988), Stitches (2012) e Clownhouse (1989) solo per citarne alcuni.
Non ne aveva visto il volto, troppo distante, ma ne aveva visto il costume ampio con i grossi pompom arancione per bottoni e il gran fiocco giallo e cadente. Era un clown.
A volte, però, la realtà supera l’immaginazione.
Uomini vestiti da pagliacci, infatti, in certi casi si sono trovati al centro di eventi orribili. Oppure hanno davvero commesso degli omicidi, come il celebre John Wayne Gacy. Anche soprannominato Killer Clown o Pogo il Clown, quest’uomo amava travestirsi da pagliaccio per divertire i fanciulli in una contea di Chicago, pur nascondendo un temibile lato oscuro. Nel 1984 fu per l’appunto giustiziato per aver violentato e ucciso 33 adolescenti.
Esistono tuttavia fatti più remoti che potrebbero aver reso negativa la nomea del pagliaccio. Nel diciannovesimo secolo, ad esempio, visse un individuo chiamato Joseph Grimaldi, ricordato ancora oggi per essere l’archetipo del clown moderno. La sua fu un’esistenza tormentata, tant’è che Charles Dickens si ispirò al figlio di Grimaldi per un personaggio del romanzo Il Circolo Pickwick, trasmettendo un messaggio chiaro e forte:
“Sotto al trucco di un clown c’è una persona con dei problemi”.
Altro famoso pagliaccio fu Jean-Gaspard Deburau, vissuto tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo. A Parigi si esibiva col nome di Pierrot; un giorno fu insultato da un ragazzo e pare che non si fece troppi scrupoli ad impugnare il suo bastone da passeggio e ammazzarlo.