Dietro una tradizionale e misteriosa cerimonia nuziale di origine slava, si costruisce The Bride, film del 2017 diretto da Svyatoslav Podgayevsky.
Il regista specializzato in origine nel montaggio, ha realizzato diversi cortometraggi e videoclip musicali sotto la Film Company HHG, prima di fondare nel 2009 con altri soci la STGCINEMA, continuando a dirigere videoclip e spot pubblicitari. Ha debuttato con il corto The Sindrome of Crisis nel 2009 ma ha inaugurato il suo horror con Possession 18, del 2011 continuando nel genere con The Queen of Spades: The Black Rite.
The Bride è interpretato nelle parti principali da Victoria Agalakova, Vyacheslav Chepurchenko, Aleksandra Rebenok, Igor Khripunov e Victor Solovyev e racconta la storia della studentessa universitaria Nastya e del suo fidanzato Ivan alle prese con l’organizzazione del loro matrimonio e il passato oscuro della famiglia di quest’ultimo.
Se in realtà in questo film non c’è qualcosa di nuovo, le tematiche e il modo in cui esse vengono esposte nella pellicola non sono infatti niente di innovativo, l’atmosfera, l’aura, date dalle inquadrature e dai tempi di narrazione, prima lenti e poi affannosi sanno dare quel giusto senso di disagio e di partecipazione che lo rendono gradevole. Una casa oscura e dotata di passaggi segreti, il gioco del doppio della protagonista, in cui qualcuno insegue o viene inseguito da un altro se stesso, le minacce date dagli spazi prima aperti poi chiusi e il mistero dato dalle persone che nella trama mai sembrano avere un ruolo ben definito sono gli elementi tipici e genialmente sfruttati. Le visioni che ci portano nel passato per farci capire l’origine della maledizione sono poi il tocco giusto che completa il tutto. Il regista riesce a mescolare elementi comuni con alchimie nuove e sorprendenti.
Partendo da un’indagine sulle credenze anche di carattere divino, sulle usanze del suo paese di origine, sul concetto di necessità del matrimonio per molte donne russe, nasce un film in cui a farla da padrone sono poi gli occhi della protagonista, che impreziosiscono nella sua interpretazione, sempre funzionante e di buon effetto. La ricerca, per cui in alcuni miti slavi le future spose erano esposte a eventuali maledizioni o possessioni nella transizione da fidanzate a mogli, lo spunto definitivo alla creazione del film. In più, giusto tocco per un film basato su fatti realmente accaduti, il tema della fotografia negl’anni vittoriani, in cui lo scatto post- mortem era molto diffuso, un particolare modo per ricordare le persone defunte, nello specifico i bambini, troppe volte vittime all’epoca di una dipartita prematura. E in queste immagini gli occhi venivano forzatamente tenuti aperti o dipinti sulle palpebre, venivano costruiti artifici meccanici in grado di sorreggere il corpo e creare situazioni di realtà e normalità, rendendo la foto più bella, più vera.
Semplice ma ben fatto, una buona visione piena di suggestioni.
Voto 6