The Elephan Man è un film del 1980 diretto da David Lynch. Tratto da due saggi The Elephant Man and Other Reminiscences di sir Frederik Treves (il medico che ebbe in cura John Merrick) e The Elephant Man: A Study in Human Dignity di Ashley Montagu (antropologo e saggista inglese). Candidato a 8 premi Oscar e 4 Golden Globe è uno dei film maggiormente distribuiti e accolti positivamente, da pubblico e critica, del regista statunitense.
Trama
The Elephant Man è la storia vera di John Merrick una persona affetta da grave deformità fisica, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Uomo Elefante”. A causa della sua patologia John può guadagnarsi da vivere solo esibendosi all’interno del freak show del meschino Mr. Bytes. La svolta avverrà quando, tra gli spettatori, ci sarà il curioso e gentile Dott. Treves che cercherà di migliorare le condizioni di vita di John.
The Elephant man – la storia vera
Joseph Merrick (vero nome di John Merrick) nacque nel 1862 a Leicester in Inghilterra. Affetto da una grave forma di neurofibromatosi, vide aggravarsi la sua condizione a seguito di una frattura della gamba sinistra. A causa delle ristrettezze economiche, infatti, non poté accedere alle cure adeguate che gli impedirono la ricalcificazione delle ossa in modo adeguato rendendolo zoppo. Rimasto orfano di madre a soli 11 anni fu costretto a cercarsi presto da lavorare trovando impiego, all’età di 13 anni, in una fabbrica di sigari. Purtroppo, a causa dell’aggravamento della deformità della mano destra, dovette lasciare l’impiego alla fabbrica e il padre gli acquistò una licenza da colportore. Tuttavia, la natura esibizionistica che caratterizza questa tipologia di lavoro portò presto a grandi insuccessi a causa della deformità fisica di Joseph che non lo rendeva sgradevole alla vista dei possibili acquirenti. Finito in una Workhouse, capì ben presto che l’unico modo che aveva per fuggire a quel funesto destino era di guadagnarsi da vivere negli spettacoli ambulanti chiamati Freak-show.
Per tale motivo si aggregò all’impresario Sam Torr che decise di investire su di lui. Fu in questo periodo che acquisì il soprannome di “The Elephant Man”. Tuttavia, nel 1885 lo spettacolo si mosse verso Londra ed è qui che la vita di Joseph cambia nuovamente, nella forma ma non nella sostanza. Egli, infatti, venne affidato all’impresario Tom Norman che, rimasto scioccato dall’entità delle deformazioni, decise di farlo esibire all’interno della vetrina di un negozio su Whitechapel Road. Al fine di scongiurare la possibile sensazione di terrore da parte degli spettatori alla vista del corpo di Joseph, Tom decise di decorare il negozio con delle locandine grafiche rappresentati un uomo metà umano e metà elefante andando, di fatto a schernire ulteriormente la persona di Joseph. Fortunatamente il negozio si trovava nella zona del London Hospital ed è grazie a questa fortuita coincidenza che Joseph entrò in contatto con il medico Frederick Treves. Inizialmente, il dott. Treves, diagnosticò a sig. Merrick un evidente ritardo mentale che verrà poi confutato successivamente. Il 2 dicembre 1885 il dottore presentò il caso di Joseph alla Società Patologica di Londra a Bloomsbury. In quella occasione Joseph palesò apertamente una sensazione che, non è difficile ipotizzare, provasse da tutta la vita: quella di sentirsi “un animale al mercato del bestiame”.
Sensazione che pose fine agli esami medici cui era continuamente sottoposto. È in questo periodo che, un barlume di umanità e di diritti civili si palesa nella Londra Vittoriana, portando alla chiusura dei così detti Freak show. Joseph fu pertanto costretto a spostarsi in Belgio, a seguito dell’impresario Norman, andando alla ricerca di luoghi più aperti nei confronti di questa tipologia di spettacoli. Mentre si trovava a Bruxelles, Joseph venne derubato di tutti i suoi risparmi (50 sterline, circa 6000 euro di oggi) e venne lasciato in mezzo a una strada, in una città a lui sconosciuta. A seguito di un viaggio a dir poco tortuoso riuscì, finalmente a tornare a Londra. Tuttavia, era per lui impossibile poter accedere a una Workhouse diversa da quella di Leicester dove era registrato. Incapace, ormai, di parlare in modo comprensibile a causa della crescente deformità, fece l’unica cosa possibile per farsi comprendere: mostrò il biglietto da visita del dottor Treves. Fu quindi portato al London Hospital che, tuttavia non aveva i mezzi economici e finanziari per una lungodegenza di un paziente con patologie gravissime come quelle di Joseph. Pertanto, venne fatto un appello al Times che portò ad una raccolta fondi che permise a Joseph di ricevere le cure e le attenzioni adeguate. Fu in questo periodo che il dott. Treves ebbe modo di passare diverso tempo con Joseph, ricredendosi completamente sul ritardo mentale precedentemente diagnosticatogli. Joseph non solo era intellettualmente normodotato ma era provvisto anche di una notevole intelligenza e sensibilità. Ciò diede il via al periodo più sereno nella vita di Joseph, che lo portò a entrare a far parte dell’alta società londinese, incontrando personalità di spicco dell’epoca e godendosi gli ambienti agiati e confortevoli dove veniva ospitato. Tuttavia, Joseph aveva ancora un sogno da realizzare: riuscire a dormire come una persona normale. Questa condizione era per lui completamente impossibile a causa del peso della sua testa. Joseph morì l’11 aprile del 1890 per asfissia, cercando di realizzare l’ultimo dei suoi desideri[1].
La deformità come carattere nobilitante dell’uomo
The Elephant Man è un film di una poesia sconcertante. Erroneamente considerato il meno “lynchano” della filmografia del regista, tratta di uno dei principali temi introdotti all’interno del manifesto artistico di Lynch: la deformità che assurge a carattere nobilitante. Era, infatti, in Eraserhead che il regista inseriva la figura della Lady of the Radiator, la Madonna in grado di scacciare ogni senso di angoscia e di terrore caratterizzata dalle sue guance deformi. Contraddistinta da gentilezza e sensibilità, la Lady trascendeva dalla sua forma fisica, diventando unico faro di luce e di speranza nel personale inferno descritto in Eraserhead. La sua visione che apparentemente avrebbe dovuto disgustarci, muta nel corso del film, passando dal disgusto al sollievo. Vedere la Lady significa essere in un ambiente dove “everything is fine”. Allo stesso modo viene analizzata e rappresentata la figura di John Merrik. Il regista ci introduce gradualmente alla visione del suo corpo deforme, facendoci intuire ciò che andremo a vedere in modo da confutare quel senso di disgusto che potrebbe influenzare il nostro giudizio su John. La gentilezza e la sensibilità di John ci vengono fatte intuire fin da principio grazie alla sua gestualità remissiva e terrorizzata. Il taglio che il regista da all’opera è volutamente soggettivo. Ci permette, non tanto di immedesimarci nella figura del John deforme, quanto nella figura di John persona, vittima di bullismo e violenza gratuita. Il film è un intero percorso conoscitivo che ci permette di provare empatia con il protagonista fino a provarne ammirazione. John, infatti, non solo è una persona dalla gentilezza quasi sovraumana, ma è anche una persona incredibilmente colta e piena di interessi. La sua bellezza interiore trascende la sua forma esteriore diventando un messaggio estremamente attuale. Lynch ci mostra cosa rende realmente bella una persona e lo fa anche paragonando i comportamenti di John a quelli dei suoi aguzzini. Ci porta a dover ammettere che la bellezza fisica non è vera bellezza, se priva di doti interiori.
Le reazioni alla diversità
Con The Elephant man Lynch si appresta anche ad effettuare un’analisi di quella che è la percezione della deformità all’interno della società. Tre sono le fasi facilmente identificabili nell’approccio delle persone normodotate alla deformità di John: disgusto, curiosità (con accezione sia positiva che negativa) e neutralità alla deformità. La prima fase viene affrontata pressoché in modo univoco da tutte le figure presenti nel film e dallo spettatore stesso. Le caratteristiche fisiche di John sconvolgono tanto gli esseri umani presenti all’interno della pellicola tanto noi spettatori. Questo è dovuto solo apparentemente all’entità della deformità di John, ma come è ben plausibile intuire, la deformità non è spaventosa in quanto tale. In un mondo in cui la deformità venisse normalizzata questa non causerebbe in noi alcun orrore perché la troveremmo semplicemente una caratteristica come l’avere gli occhi azzurri o i capelli biondi. La deformità percepita come orrore deriva da un costrutto sociale che ci porta a vedere la deformità fisica come una condizione svilente della persona stessa. Superata questa prima fase di disgusto si avvia fisiologicamente quella che è la seconda fase, ovvero la curiosità che va intesa sia con accezione positiva che negativa. La curiosità è dettata, ovviamente, dalla diversità della condizione fisica altrui. Tuttavia, se nella sua accezione positiva la curiosità stimola il desiderio di comprendere ciò che è diverso, come è il caso del dottor Trevers e di alcuni membri dell’alta società inglese, nella sua accezione negativa genera quel desiderio di vedere ciò che provoca orrore per il solo gusto di sentirsi intimoriti e/o bearsi di una condizione che, fortunatamente, non ci appartiene. Questa seconda fase è quella preponderante in effetti. Pochi sono gli individui in grado di superarla ed entrare nella terza fase che è quella conoscitiva della persona di John in quanto tale. In questa fase, la deformità viene normalizzata e si, quindi, in grado di provare ammirazione per le caratteristiche interiori del protagonista. John nella terza fase perde completamente la sua caratterizzazione di persona affetta da deformità e diventa a tutti gli effetti semplicemente una persona che suscita ammirazione per la sua cultura, per la sua sensibilità e la sua gentilezza. Lynch in questo è magistrale e fornisce un taglio alla storia in grado di farci arrivare, come spettatori, alla terza fase in modo naturale, sottolineandoci e riportandoci alla comprensione di ciò che realmente conta in una persona.
Mostruosità antitetica
Molteplici volte The Elephant Man è stato paragonato a Freaks del 1932 di Tod Browning per ovvie ragioni. Tuttavia, le due pellicole presentano in sé tanto analogie quanto concetti antitetici. Infatti, se in entrambe le pellicole viene trattato il tema della “mostruosità fisica” come caratteristica strettamente fisica che trascende le qualità interiori, in Freaks viene evidenziata una normalità di comportamenti quasi assente in The Elephant Man. In Freaks l’obiettivo principale era quello di evidenziare come la deformità fisica non fosse caratteristica determinante di una qualche “deformità morale”, ma anzi che tutte le persone possiedono inclinazioni morali positive o negative a prescindere dalla loro situazione fisica. Diversa è la deformità fisica in Lynch che viene contrapposta alla normalità fisica. In The Elephant man sono le persone normodotate a presentarsi con indoli differenti, mentre la deformità di John è nobilitata. Il messaggio di Lynch non è, ovviamente, affermare che tutte le persone affette da deformità siano persone moralmente elevate, ma piuttosto puntare il dito sull’ipocrisia della società. Le persone si avvicinano a John, in modo curioso, solo quando ne possano trarre un qualche genere di profitto (monetario o conoscitivo). L’obiettivo di Lynch è evidenziare quale sia la vera mostruosità, portando lo spettatore a provare disgusto per quella porzione di genere umano avente comportamento brutale. Il film punta a smascherare l’ipocrisia anche dello stesso spettatore. Quest’ultimo, infatti, si approccia alla pellicola per la venatura horror nascosta nel personaggio di John, e si ritroverà ad ammettere che il vero orrore è quello nascosto nella società di cui fa parte e nel suo stesso desiderio voyeristico.
Conclusioni
The Elephant Man è un film che, a distanza di 40 anni dall’uscita nelle sale italiane, è in grado di insegnarci tanto sulla natura umana e sui suoi limiti. Un film avanguardistico che parla alla società attuale come ne fosse contemporaneo trattando tematiche senza tempo. È, forse, proprio in questa società basata sull’immagine e sulla bellezza che un film come The Elephant Man può essere educativo, riportando alla luce le caratteristiche che rendono veramente la bellezza tale.
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