Tutto comincia nel 1959 quando venne pubblicato per la prima volta il romanzo The haunting of Hill House di Shirley Jackson, fu subito un grande successo e ancora oggi influenza alcuni fra i più importanti autori del genere horror tra cui Stephen King che ne parlerà nel suo saggio Danse Macabre (1981)
IL ROMANZO
L’antropologo Montague è interessato a studiare le vicende paranormali di Hill House e per questo organizza un esperimento: passerà delle notti nella villa insieme ad altre tre persone ovvero Luke Sanderson, l’ultimo erede della residenza, l’artista anticonformista, Theodora e infine la protagonista dell’opera, Eleanor Vance. L’autrice con la sua scrittura ci farà entrare in profondo contatto con quest’ultima che è inoltre, l’unica di cui conosciamo il passato, infatti durante la giovinezza ha dovuto accudire la madre malata, ma per non averla soccorsa durante la notte del decesso non riesce a darsi pace. Si trasferirà poi a casa della famiglia della sorella, dove si sente di troppo e senza libertà; per lei ricevere l’invito a partecipare all’esperimento segnerà una svolta nella sua vita, non vede l’ora di sentirsi parte del di un gruppo.
Arrivati alla villa ci verrà descritta in tutte le sue asimmetrie nelle proporzioni e soprattutto degli angoli, che creano dei fenomeni come le porte che si chiudono da sole. In questo modo ci sentiremo spaesati esattamente come i protagonisti. I fenomeni paranormali inizieranno ben presto, ma non ci saranno mai delle vere apparizioni, l’inquietudine è sempre sottile e mai esplicita per esasperare le tensioni del gruppo, ma soprattutto la lenta discesa di Eleanor nella pazzia, che nonostante abbia un’immensa paura di essere esclusa dal gruppo, piano piano si isolerà lei con i suoi pensieri fino a convincersi che la casa sia viva e voglia lei.
Per tutta la durata dell’opera il lettore si chiederà se sia solo una suggestione di gruppo, dalle mente distorta della protagonista o se sia tutto reale.
THE HAUNTING di Robert Wise (1963)
Nonostante la scrittura di Shirley Jackson sia ben poco cinematografica nel 1963 Robert Wise dirigerà con successo il primo adattamento cinematografico del romanzo, The Hauting (in Italia tradotto in “Gli Invasati”).
È sicuramente l’opera più fedele al romanzo, sono infatti presenti tutti i protagonisti con le loro caratteristiche e anche la casa rispetta le descrizioni del libro sebbene però in questo caso ci sia una focalizzazione maggiore sul decadimento psichico di Eleanor (Julie Harris) e per questo si avvicina molto di più ad un horror psicologico.
Il film si apre con la voce fuoricampo dell’antropologo John Markway (Richard Johnson), del quale è stato modificato il nome originale, che racconta allo spettatore tutti gli eventi tragici avvenuti nella magione gotica, ovvero di come ogni componente della famiglia Craig ha perso la vita al suo interno (descrizioni che non sono presenti all’interno del romanzo ma saranno riprese dalla serie tv). Sebbene sia un’introduzione diversa dalle prime pagine del libro che invece si concentravano a descrivere l’atmosfera dalla casa, ci ritroviamo davanti ad una dimora tetra e ricca di misteri
L’opera conserva l’ambiguità del romanzo fra il reale e il paranormale e anche qui lo spettatore sarà posto sempre di fronte a molte domande, alcune troveranno una risposta altre invece sono lasciate all’interpretazione dell’opera.
Il film non fa mai uso di effetti speciali, ma si concentra sull’uso dei suoni ed è stato girato in bianco e nero per celare nella penombra alcuni elementi permettendo di ricreare il mistero che perseguitava anche il lettore: è tutto reale oppure è frutto della mente di Eleanor? La casa in questo caso è sempre più chiaramente una metafora del disagio della protagonista, infatti ci sono anche alcuni espedienti tecnici, come la collocazione di diversi specchi in obliquo che ricreano delle ambientazioni distorte, di impronta espressionista, per aumentare il senso di disorientamento. All’inquietudine contribuiscono anche le innumerevoli statue presenti della dimora, con i loro visi sofferenti e impauriti, come a rappresentare i protagonisti letteralmente pietrificati dalla paura.
Nonostante sia così fedele al romanzo, Shirley Jackson non apprezzò questa trasposizione.
THE HAUNTING di Jan de Bont (1999)
Meno riuscito e meno fedele al libro fu the haunting (1999) che vede nel suo cast nomi di spicco come Liam Neeson, Catherine Zeta Jones, Owen Wilson e Lily Taylor, è rimasto comunque un cult del suo tempo.
Il film è in chiave molto più moderna, ambientato alla fine degli anni 90 con diverse citazioni (nella versione in lingua originale) alla cultura pop del tempo dai Teletubbies a Tony Robbins.
In quest’opera la differenza principale è che le presenze sono tangibili, ci sono vere e proprie apparizioni eliminando totalmente l’atmosfera di mistero ed allontanandosi completamente dall’horror psicologico. È presente anche una massiccia dose di CGI che purtroppo non è invecchiata bene con gli anni, facendo sembrare molte scene che un tempo sarebbero state spaventose, grottesche.
I protagonisti sono sempre gli stessi, ma con una caratterizzazione molto meno solida e con un esasperazione delle loro particolarità, ad esempio Theodora (Catherine Zeta Jones) dice esplicitamente di essere bisex mentre nelle opere precedenti veniva sottointeso dal forte legame creatosi con Eleanor, ma non si fa cenno alla sua chiaroveggenza. Il professor Marrow (Liam Neeson) oltre ad avere un nome diverso, questa volta non ricerca persone che abbiano avuto esperienze paranormali, ma persone suggestionabili alle quali dirà che sta facendo un esperimento sull’insonnia e non sul paranormale.
Tutti i dubbi sulla sanità mentale della protagonista Eleanor (Lily Taylor) vengono quasi subito coperti dalle prove tangibili, la storia dei proprietari precedente verrà totalmente riscritta, infatti in questa trasposizione Hugh Craig non costruirà una dimora per sua moglie, bensì un orfanotrofio dove molti bambini perderanno la vita e chiederanno aiuto alla protagonista Eleanor.
Questa pellicola non lascia spazio ad altre interpretazioni, tutto viene spiegato allo spettatore e si perde totalmente l’atmosfera e il mistero che Shirley Jackson riuscì a creare con la sua opera.
THE HAUNTING OF HILL HOUSE di Mike Flanagan (2018)
Eccoci arrivati alla famosissima serie tv targata Netflix, the haunting di Hill House. A questo punto sarà abbastanza chiaro, a chi abbia già visto la serie, che del romanzo di Shirley Jackson in quest’opera ci sia ben poco. Mike Flanagan questa volta reinventa totalmente la storia, che da un horror gotico si avvicinerà al dramma famigliare e può essere considerata come una storia totalmente a sé rispetto al romanzo da cui riprende solo alcuni dettagli.
Partiamo dai protagonisti, la famiglia Craig, porta il cognome dei proprietari che avevano fatto costruire l’edificio, inizialmente avrebbe dovuto soggiornavi sono per la durata del restauro per poi rivenderla, ma i costi aumentano e sono così costretti a passarci l’intera estate, fino ad un evento tragico in cui la madre Olivia (Carla Gugino) perderà la vita.
I nomi sono rimasti invariati, sebbene alcune caratteristiche siano cambiate: Theodora (Kate Siegel) è molto introversa ed ha mantenuto la sua chiaroveggenza, Luke (Oliver Jackson-Cohen) non è l’erede della casa, ma sembra essere comunque quello più in contatto con essa anche se questo viene imputato all’uso di droghe, Eleanor (Victoria Pedretti) è la sorella gemella di Luke, ha un passato totalmente diverso dal libro, infatti si è sposata con un uomo di cui ha preso il cognome, Vance, ma rimane comunque la figura più sofferente all’interno della narrazione anche se non più totalmente al centro dell’opera, infatti dopo la morte del marito inizierà a stare male e proverà a cercare pace nell’affrontare da sola i suoi demoni del passato recandosi da sola a Hill House dove perderà la vita e apparirà nel corso dell’opera tramite flashback o come fantasma, ed è proprio dal suo decesso che la famiglia si riunirà per affrontare il loro passato.
Ci sono poi altri due figli che non erano presenti nelle opere precedenti: Shirley (Elisabeth Reaser), nome che chiaramente omaggia l’autrice del romanzo, e Steven (Michael Huisman), nella serie sarà lui l’autore del libro il libro “The haunting of Hill House” che romanza le vicende che ha vissuto durante la sua infanzia, sebbene da adulto sia diventato scettico verso i fenomeni paranormali. Infine, ci saranno sempre i coniugi Dudley, ovvero i custodi della casa che nelle opere precedenti avevano un ruolo marginale, in questa trasposizione saranno importanti per svelare alcuni dei misteri della magione. Sparisce dunque dalla narrazione la figura dell’antropologo.
Tutta la storia si svolge su due linee temporali, il passato della famiglia, segnato dal trauma di Hill House dove vedremo la maggior parte delle apparizioni che in questo caso sono esplicite e tormentano l’infanzia dei protagonisti, e il presente dove riaffiorano comunque i vecchi ricordi ma non più espliciti poiché in parte sono sbiaditi e si ricerca sempre una soluzione razionale fino a quando non sarà inevitabile fare i conti col passato e tornare a Hill House. Man mano queste due linee temporali si intrecceranno svelando i segreti ed i misteri del loro passato.
Parliamo ora della vera protagonista delle opere: la casa. Nel romanzo, e anche nella prima trasposizione, la dimora è una metafora della psiche decadente di Eleanor, non c’erano mai presenze esplicite, ma era come se la casa fosse un organismo vivente in grado di giocare con le menti di chi vi addentrasse. Nel caso della serie tv invece la casa appare più come il luogo dove sono stati custoditi i traumi dei protagonisti, infatti nel libro non sono presenti la donna con il collo spezzato e gli altri fantasmi e neanche la stanza rossa che in realtà sembra racchiudere tutto ciò che è Hill House nella sua interezza nel romanzo, mentre nella serie rappresenta il luogo da cui nascono i fantasmi, ovvero dove i protagonisti nascondono i loro ricordi scomodi che non sono pronti ad affrontare. Così come nel l’opera della Jackson ci troviamo davanti a due chiavi di lettura: una storia di fantasmi, oppure una storia dove gli spettri sono molto più spaventosi poiché metafore dei traumi dei protagonisti.
Riaffioreranno durante il racconto altri dettagli presenti nel romanzo, come una tazza decorata con delle stelle, i colori delle camere della villa che vengono ripresi dalla fotografia e della scenografia della serie tv.
Nonostante siano due opere completamente diverse hanno qualcosa in comune, una casa che non è infestata, ma malata come viene definita fin dalle primissime righe del romanzo, metafora di sofferenze individuali nel caso del libro e famigliari nella serie tv. Ritorna la struttura circolare del tempo in cui i personaggi sono bloccati e non possono scappare al loro destino e ai loro incubi.
Il libro è considerato un capolavoro del genere horror di inizio ‘900 e spesso affiancato al Giro di vite di Henry James, che aveva ispirato la stessa Shirley Jackson e da cui sarà tratta la seconda stagione “The Haunting of Bly Manor” in uscita su Netflix il 9 ottobre.
a cura di Jenni Pace
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