Mazin e Druckmann riescono nell’impresa di adattare in una serie un caposaldo videoludico come The Last Of Us, addirittura migliorandolo
Quando si sparse la voce che HBO avrebbe fatto un adattamento di The Last Of Us, milioni di fan in tutto il Mondo trattennero il fiato. Il videogioco di Naughty Dog aveva settato nuovi standard all’interno dell’intrattenimento videoludico, immergendo il giocatore in un mondo in rovina. Al centro della storia c’erano soprattutto i rapporti umani tra i protagonisti e i vari comprimari incontrati lungo il percorso. Questo rendeva l’esperienza di gioco, per certi versi, molto simile ad un film. Ho usato la parola capolavoro non a caso, ritengo l’esperienza di gioco fatta all’uscita nel 2013, una delle migliori mai vissute. Vedendo la serie mi sono reso conto come un abile sceneggiatore come Craig Mazin (Chernobyl) e Neil Druckmann (tra i creatori del gioco) abbiano alzato ancora di più l’asticella.
Un fungo ci estinguerà tutti!
Nel 2003 il Mondo viene contagiato dal Cordyceps, un fungo parassitario ipogeo che esiste realmente ma attacca solo piccoli insetti o ragni. Il cambiamento climatico ha portato il fungo ad infettare il grano utilizzato dall’uomo. In pochi giorni, alcuni partite infette colpiscono svariate zone del Pianeta dando inizio alla pandemia. Come detto, sono stato un videogiocatore di The Last Of Us già nel 2013, mi ha colpito molto vedere dinamiche pandemiche (seppur diverse) dopo quanto successo con il Covid.
Joel è un padre single che vive con la figlia Sarah e il fratello Tommy allo scoppio della pandemia. Gli infetti cominceranno a far impazzire le persone portando a morderne altre per creare altri infetti. Nella serie hanno omesso la possibilità che sputassero spore. A differenza di molti zombi, i clicker (così si chiamano gli infetti), corrono contro le prede. Con il tempo si decompongono, sommersi dalle eruzioni fungine, però pronti a comunicare attraverso le escrescenze in una gigantesca mente alveare.
Durante la fuga dalla città, Sarah viene uccisa da un militare, facendo perdere a Joel la sua ragione di vita. Lo ritroveremo, 20 anni dopo, in una ZQ controllata dalla Fedra (organizzazione paramilitare che presidia le zone di quarantena in giro per l’America), invischiato in una missione con l’amica Tess. Gli eventi lo porteranno a conoscere Ellie, ragazza immune ai morsi degli infetti, tenuta nascosta dai ribelli chiamati Luci. Joel dovrà portare la ragazzina fino ad un altro centro di ricerca delle Luci dalla parte opposta del Paese. Ha così inizio un’avventura tra un uomo spezzato ed una ragazzina cresciuta troppo in fretta.
I dettagli nel Mondo di The Last Of Us
The Last Of Us omaggia il videogioco in molte inquadrature, tanto da non sapere distinguere alcune immagini tra i due media. Il mondo desolato è stato ricostruito con una cura ai dettagli certosina: dagli arredi di alcuni edifici in rovina alle macchine abbandonate in mezzo a nuova vegetazione. Non aver utilizzato tecnologia stagecraft, quindi dover recitare davanti a schermi, ha permesso ai protagonisti di immedesimarsi ancora di più nel ruolo.
Pedro Pascal (The Mandalorian) intepreta Joel, riuscendo a centrare il cuore del personaggio. In The Last Of Us, infatti, Joel ritroverà piano piano fiducia nel futuro attraverso il suo rapporto con Ellie. La giovane avrebbe l’età della povera Sarah, seppur con un carattere opposto. Pascal riesce a creare un Joel che ha anche qualche sfaccettatura in più rispetto alla controparte videoludica. Un uomo spezzato che tornerà a provare dei sentimenti in un Mondo dove conta solo sopravvivere.
Bella Ramsey (Game of Thrones) è Ellie, a prima vista molto diversa da quella del gioco, eppure molto simile caratterialmente. Anzi, la sua Ellie riesce ad essere ancora più interessante perché nata in un Mondo già invaso dal Cordyceps. Più volte, nel corso dei 9 episodi, vediamo lo stupore di Ellie di fronte ad oggetti comuni per noi, ma non per una sopravvissuta al fungo. Ogni risata per battute scritte anni prima da Will Livingston in una raccolta che tiene nello zaino oppure lo stupore di un vecchio cabinato in una sala giochi: assumono un significato diverso anche per lo spettatore, che li vedrà con gli occhi di Ellie.
Una minaccia costante ma quasi invisibile
Il grande lavoro dei makeup artist di The Last Of Us ha permesso di ricreare degli infetti molto fedeli al gioco. La grande eco mediatica ha fatto avvicinare alla serie anche persone che non conoscevano la storia, riuscendo a coinvolgerle in maniera efficace. Non sono però mancate alcune critiche sull’esiguo numero di infetti nel corso della prima stagione. Questo perché, come nel gioco, la minaccia è solo un pretesto per raccontare un viaggio tra due anime perse, che incontreranno altri sopravvissuti, ma che solo nel loro rapporto troveranno la vera felicità. Quindi i clicker arrivano nei momenti giusti, lasciando così allo spettatore l’angoscia che, da un momento all’altro, ne possano saltare fuori altri per attaccare i nostri. Per certi versi, il focalizzare la storia sui personaggi è quello che ha fatto anche la fortuna del fumetto di The Walking Dead. Ogni personaggio risulta ben delineato, ma le motivazioni di ognuno si muovono in un’ampia zona grigia, dove non c’è solo bianco o nero.
Tra paure ed occhi lucidi
Ci sono almeno tre momenti che hanno permesso a Mazin e Druckmann di rendere The Last Of Us ancora meglio del gioco. Il settimo episodio, Left Behind, è il titolo del DLC del primo capitolo (cui si ispira questa prima stagione). Il contenuto aggiuntivo uscì dopo l’uscita del gioco, ma vedere il flashback su Ellie e la sua amica Riley, in un momento di forte panico per la ragazzina nel presente riesce a farci passare dallo spavento alle lacrime. Il rapporto di amicizia speciale tra le due ragazzine, in una notte in cui si erano intrufolate in un centro commerciale della ZQ, ci permette di conoscere ancora più Ellie. La puntata è quasi una copia carbone del DLC, riuscendo però anche ad emozionare chi conosceva già la storia. Bravissima Storm Reid nel ruolo di Riley, capace di essere ricordata anche con un solo episodio.
Espansa in maniera convincente anche la storia di Henry e Sam, due fratelli incontrati attraversando la ZQ di Kansas City. A differenza del gioco, il piccolo Sam è sordomuto, condizione che spinge il fratello a doversi prendere ancora più cura di lui in un Mondo di infetti. L’epilogo della loro storia è struggente ed improvviso, capace di lasciare lo spettatore a bocca aperta.
Una storia d’amore e morte
A mio avviso, però, il terzo episodio rimane il migliore. Pur avendo una backstory solo accennata nel gioco su due personaggi secondari: Bill e Frank. Bill è un survivalista, che vive in un villaggio residenziale fatta evacuare dalla Fedra ad inizio pandemia. Dopo essersi nascosto nella sua abitazione, lavorerà in modo da potersi autosostenere. Fino al giorno in cui arriverà al suo cancello Frank, un uomo dolce e gentile che aiuterà Bill a ritrovare la tenerezza verso il prossimo che aveva perso o forse mai avuto. La storia di Joel ed Ellie viene raccontata all’inizio ed alla fine, lasciando la corposa durata dell’episodio al racconto dei 20 anni vissuti da Bill e Frank. Giusto nel finale i due protagonisti arriveranno a casa di Bill, con lo spettatore che già conosce il destino dei due proprietari. Un piccolo gioiello di regia di Peter Hoar e sceneggiato dallo stesso Mazin, che spero porti anche qualche Emmy.
The Last Of Us è una gigantesca espansione del Mondo creato da Druckmann, vista attraverso il talento di Mazin come showrunner e importanti registi nei vari episodi, dalla Žbanić ad Abbasi. Un’esperienza che emoziona e spaventa sia i videogiocatori che chi si approccia per la prima volta a sopravvivere in un Mondo di infetti
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