L’etimologia della parola perfezione deriva dal verbo latino perficio, che significa finire o portare a termine ed anche oggi assume il significato di compimento. Solitamente associamo questa parola ad elementi positivi di crescita e miglioramento. Invece nel film The Perfection questa parola può condurre ad un misto di vendetta ed orrore il tutto accompagnato dal suono del violoncello.

Da pochi giorni è stato rilasciato su Netflix The Perfection, scritto e diretto da Richard Shepard, regista molto più avvezzo ai prodotti televisivi che al cinema. Prima di questo lungometraggio si era brillantemente cimentato con il quinto episodio della serie revival di The Twilight Zone. L’episodio da lui diretto si intitola The Wunderkind, brillante satira politica dell’America di Trump. The Perfection aveva già raccolto parecchi consensi durante la sua prima al Fantastic Fest a settembre 2018, trovando adesso la possibilità di essere distribuito in tutto il mondo.

Data l’importanza che la musica classica avrà nel corso della storia raccontata, il film è stato diviso in 4 momenti ed un’introduzione come fosse la scaletta di un concerto. The Perfection risulta essere una composizione tesa e vibrante come le corde dei violoncelli che le protagoniste pizzicano più volte durante la pellicola. Un film da vedere tutto d’un fiato che immerge lo spettatore dal primo all’ultimo minuto di visione.

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L’incubo di tornare ad essere la migliore

Già durante l‘introduzione possiamo notare come il titolo del film sia scritto con la seconda E rivolta nel senso opposto alle altre, indizio quanto mai lampante di come la ricerca della perfezione sia qualcosa che nasconde oscuri segreti. La storia si focalizza su Charlotte, una giovane ex-violoncellista che ha da poco perso la madre per lungo tempo malata. Si è occupata di lei negli ultimi 4 anni, senza fare quello che più amava, soffrendo al punto tale da finire anche in alcuni ospedali psichiatrici per episodi di autolesionismo.

Adesso il suo scopo sembra quello di tornare da Anton e Paloma, la coppia che gestisce la Bachoff Academy ovvero la più prestigiosa scuola di musica della East Coast degli Stati Uniti. L’Accademia ha sempre accolto tra le sue mura i più promettenti allievi provenienti da tutto il mondo, grazie alla generosità dei fondatori. La missione di Charlotte sarà quella di andare a Shangai dove si stanno tenendo delle selezioni per i prossimi studenti della scuola, qui apprenderà che il ruolo di primo violoncello adesso appartiene a Lizzie.

Quest’ultima è divenuta il simbolo con cui Anton pubblicizza la sua istituzione nel resto del mondo. Charlotte però rimane molto colpita da Lizzie, dimostrando di non provare gelosia ma anzi finendo per andare a letto con lei. Il mattino seguente Lizzie sarebbe partita per un paio di settimane per un viaggio alla scoperta della natura cinese, convincendo Charlotte a seguirla. Fin da subito la ragazza non starà bene e non riuscirà a mangiare nulla fino al momento di salire sull’autobus. La situazione però precipiterà, costringendo le ragazze ad una deviazione di percorso. Infatti l’autista del mezzo pubblico, dopo le continue fermate per far scendere Lizzie, deciderà di lasciarle sul ciglio della strada. A questo punto, a cause delle continue piccole trasformazioni fisiche che il corpo di Lizzie subisce, Charlotte dovrà compiere una scelta molto difficile per il futuro dell’amica.

Un film imprevedibile ed in continua evoluzione

Il merito più grande della pellicola di Shepard rimane senza dubbio quello di aver saputo raccontare una storia che non può lasciare indifferenti. Il ritmo del film è gestito in maniera ottimale da una regia che valorizza il montaggio. Verranno utilizzate alcune decisioni stilistiche davvero interessanti che permetteranno agli spettatori di valutare alcune situazioni cruciali da più punti di vista. La fotografia non risulta mai banale, anzi sfrutta molte volte inquadrature che contengono un doppio punto focale. Questo stratagemma serve a rendere lo spettatore ancora più immerso nella storia. All’inizio serve per non perdere di vista il talento che entrambe le protagoniste infondono mentre suonano, successivamente a terrorizzare il pubblico soffermandosi su alcuni particolari. La colonna sonora risulta, come ovvio, una protagonista del film con alcuni brani in cui il suono quasi distorto degli archi mentre suonano possono ricordare le recenti pellicole di Jordan Peele.

Il cast risulta bene assortito, a partire dalla protagonista Charlotte interpretata da Allison Williams che molti ricorderanno per il ruolo di Rose in Get Out. Logan Browning interpreta invece Lizzie, personaggio enigmatico ma che risulterà il vero motore degli eventi del film. Una menzione speciale va a Steven Weber che ha saputo calarsi nei panni di Anton, mecenate della Bachoff che nasconde oscuri segreti. Infatti sarà proprio la seconda parte del film che ci riporterà in America a svelare e far combaciare tutti i pezzi del puzzle che il regista ci ha fornito fino a quel momento. Si toccheranno temi attuali abbastanza spinosi, che risultano affrontati però in maniera più che convincente e poco stereotipata.

Shepard si ispira a diverse maestri del genere nel raccontare la sua storia di orrore e musica. Sicuramente Suspiria, ma più quello di Guadagnino che di Argento: a partire da come si apre il film e nel rapporto tra Charlotte e la madre. Ma il merito più grande è quello di un film che si evolve con lo sviluppo dell’intreccio narrativo, arrivando anche a citare Pascal Laugier e il suo Martyrs. In particolare si avranno riferimenti a quella pellicola nell’ultimo atto con la violenta risoluzione della storia.

Un film per certi versi sorprendente e perverso che ha il merito di parlare di tematiche importanti utilizzando il linguaggio del sangue e della musica