Uscito il 31 maggio del 2018, “The Strangers: Prey At Night”, riprende dieci anno dopo la storia dei tre serial killer di “The Strangers” film del 2008.
La regia è affidata a Johannes Roberts, che ha girato nel 2017 “47 Metri”, impalpabile horror subacqueo, e nel 2016 “The Other Side Of The Door”, horror con riferimento alla mitologia indiana e al simbolismo indù di ottimo livello. Il regista del primo capitolo Bryan Bertino, che qui invece è solo sceneggiatore, si è ispirato a eventi accaduti durante la sua infanzia. Il furto in varie case vuote del suo quartiere e la richiesta di informazioni da parte di uno sconosciuto alla propria porta, elementi tipici dei film, gli stimoli al tutto. I film prendono anche ispirazione dal libro Helter Skelter, che documenta gli omicidi perpetrati dalla famiglia Manson. Roberts si è affidato per le parti principali a Bailee Madison (Kinsey), che già a sette anni ha avuto un ruolo in “Un Ponte Per Terabithia” e Lewis Pullman (Luke). I due sono fratelli, i genitori (Cindy e Mike) sono interpretati da Christina Hendricks e Martin Henderson, che ha recitato in nel remake americano di “The Ring”.
La famiglia sta per passare una vacanza in un campeggio di caravan gestito dagli zii, ma ad attenderli invece che una vacanza tranquilla, la lotta per la sopravvivenza contro i tre serial killer.
Uscendo dalla casa, luogo sicuro diventato prigione nella prima pellicola, un home invasion pazzesco e intelligente, in questo nuovo film ci affidiamo ad una fuga negli spazi aperti. Non ci si affeziona ai personaggi, poca la loro caratterizzazione, poca empatia nei loro confronti, il film ben presto ci appare come uno slasher d’effetto, tipico degli anni ottanta, con un ritmo serrato nell’azione. Non affascina, non lascia di stucco lo spettatore come nel suo precedente ma lo lascia comunque senza fiato in maniera diversa. Il film è godibile, l’azione infatti cattura lo sguardo dello spettatore con la colonna sonora che è sempre efficace e perfetta in molte scene. Canzoni spesso in aperto contrasto con le scene che ci vengono mostrate. Da citare “Kids In America” e “Cambidia” di Kim Wilde. Incancellabile inoltre la scena in piscina che vede scontrarsi Luke con Man in the Mask, con “Total Eclipse Of The Heart” a esaltare il tutto.
Già previsto dopo il primo film, questo secondo capitolo nonostante alcun buoni elementi conferma la tendenza dei produttori ai sequel di poca rilevanza, riducendo la magia della singola pellicola e impoverendoci alle nuove idee.
Viva i finali aperti, le mezze risposte, il mistero non svelato di alcuni personaggi.