Rilasciata anche in Italia, Them: nuova serie antologica prodotta da Amazon Prime Video, la cui prima stagione è ambientata negli anni ’50 nella periferia americana. Tra razzismo verso i nuovi vicini ed oscuri incubi con radici nel passato
Little Marvin è lo showrunner di questa bella prima stagione del nuovo progetto horror targato Amazon: Them. Forse anche la piattaforma sta pensando ad un progetto simile ad American Horror Story, ed in quel caso penso che sia partita già con il piede giusto. Il sottotitolo della stagione è, in italiano, Il Patto. La storia è un giusto mix di dramma, tensione e spaventi il tutto immerso in un’atmosfera quasi idilliaca.
Dopo pochi giorni, la serie ha già ricevuto ampi consensi sia dalla critica che dal pubblico. Ricordo che, nel nostro Paese, si trova disponibile solo in versione originale con sottotitoli, almeno fino a luglio quando verrà doppiata. La serie è composta da dieci episodi, che si articolano nell’arco dei dieci giorni successivi all’arrivo della famiglia nella nuova casa. Tra i vari endorsement, anche quello di Stephen King. Lo scrittore, sempre molto attento anche alle questioni sociali e politiche, lo ha ribadito attraverso il suo account Twitter. Ha ammesso di essersi spaventato guardando il primo episodio, nonostante lui si spaventi raramente.
La spaventosa vita nella periferia bianca
La prima stagione di Them parla di una famiglia di quattro persone che si trasferisce dal North Carolina ad un raffinato quartiere di periferia losangelino, East Compton. Henry Emory, il padre che ha appena ricevuto un nuovo lavoro come ingegnere aereo in un’azienda locale, ruolo che vede pochissime persone di colore. Livia, detta Lucky, la madre che segue il marito anche per superare un trauma che l’aveva profondamente scossa in precedenza. Insieme a loro anche: Ruby, la figlia più grande e responsabile, e Gracie, la piccola ma senza paura di casa Emory.
Ad accoglierli nella nuova vita il non tanto amichevole vicinato, per essere ancora gentili. Tra di loro, Betty Wendell, la vicina proprio in fronte a casa degli Emory, capace di sobillare gli animi razzisti delle sue amiche e dei loro mariti. Ad interpretarla una splendida Alison Pill, inquietante dietro ogni sorriso tirato e dall’aria fintamente innocente.
Ad accentuare la situazione già pesante anche il lutto che aveva colpito la famiglia prima della partenza dal North Carolina: la morte del loro figlio più piccolo, ucciso brutalmente. Quando il flashback, circa a metà stagione, mostrerà l’accaduto lo farà in modo davvero davvero brutale!
Strane presenze infestano le menti della famiglia
I protagonisti di Them, la famiglia Emory, hanno tutti i loro incubi che si manifesteranno sempre più violentemente. Henry sarà perseguitato da un uomo misterioso che sembra uscito da una pubblicità razzista trasmessa in quegli anni. Vi sfido a non sentirvi inquietati guardandolo negli occhi! Lucky ha il rimorso di non aver potuto salvare il suo piccolo da una barbara furia omicida. Ruby, emarginata nel nuovo liceo bianco, farà la conoscenza con una cheerleader defunta. Gracie vedrà l’austera governante di un libro per bambini prendere vita di notte in maniera mostruosa, iniziando ad essere perseguitata ovunque. Queste apparizioni sono solo nelle loro menti oppure sono manifestazioni reali di un Male più oscuro e profondo?
Alla famiglia ed al vicinato si aggiungeranno altre figure, come il capo di Henry, finto progressista ad aver assunto un ingegnere nero ma in realtà invidioso della bravura nel lavoro del nuovo arrivato. Oltre a George Bell, il lattaio del quartiere segretamente innamorato di Betty. Ad interpretarlo Ryan Kwanten, protagonista di Dead Silence di James Wan, fate molto attenzione all’evoluzione del suo personaggio.
Una stagione tecnicamente quasi perfetta
Dal punto di vista tecnico, con Them, ci troviamo di fronte ad un prodotto molto ben confezionato. La regia è precisa, con movimenti di macchina lenti ed avvolgenti ed una costruzione della scene metodica. Si cerca sempre di esaltare ogni minimo particolare: da una torta di mele fatta in casa e che crea forte disagio in Henry fino al dettaglio della pelle di Ruby nelle scene al liceo, in netto contrasto con tutti i compagni bianchi. La fotografia, nonostante sia luminosa ed assolata come il sole della California, crea uno straniamento opprimente nello spettatore, capace di percepire il marcio sotto quell’apparenza di finto perbenismo.
La colonna sonora risulta un personaggio vivo e presente nella narrazione. L’insieme di musica jazz, R’n’B ed hip hop crea una commistione davvero interessante. La mente corre, anche per via delle tematiche trattate, al grande Jordan Peele. Penso che questa prima stagione abbia portato Little Marvin anche a superare il regista premio Oscar, soprattutto per quanto riguarda la cura del comparto tecnico.