Si è conclusa da poco, presso il CineTeatro Baretti di Torino, sotto la conduzione dell’attore Fabrizio Odetto, la Premiazione dell’undicesimo Torino Underground Cinefest, proposto dall’Associazione Culturale SystemOut, ideato dal regista Mauro Russo Rouge, attualmente Direttore Generale, e diretto dal critico cinematografico Alessandro Amato.
Dopo l’attribuzione del Premio Sooner a Bonifacio Angius e del Premio Streeen! a “Das rad – Viaggio di una bicicletta” di Ambra Tonini, la serata ha finalmente proclamato i vincitori delle Giurie delle tre sezioni in concorso.
La Giuria del concorso lungometraggi, composta da Francesco Notarangelo, Laura De Francesco e Marco Nassisi, ha decretato come Miglior Film l’iraniano “Cause of Death; Unknown” di Ali Zarnegar in quanto “Colpisce la capacità del regista Ali Zarnegar di seguire da vicino i percorsi dei personaggi, rivelando con grande abilità le diverse reazioni di ciascuno. I dialoghi, incisivi, permettono di comprendere pienamente le dinamiche che intercorrono tra i personaggi. Considerando l’ambiente desolato del deserto in cui si svolge la vicenda, il regista riesce a trasmettere un senso pervasivo di atmosfera e di minaccia imminente. Questo contribuisce anche a risolvere la storia in modo efficace, con una svolta generale sorprendente, potenziata da una serie di inquadrature impressionanti che rendono il momento ancora più scioccante”.
L’alloro come Miglior Regia va a Aurélia Mengin per il film “Scarlet Blue” (Francia – La Riunione) “per la sensibilità con cui ha filmato i suoi personaggi e le loro azioni, riuscendo a comunicare, tramite audaci scelte di inquadratura e dinamici movimenti di macchina, l’angoscia indispensabile per far entrare lo spettatore nel mondo surreale e artificioso che ha costruito. La ricerca estetica e la sperimentazione del linguaggio arricchiscono l’aspetto visivo di “Scarlet Blue”, i cui colori vividi ci catturano, trascinandoci in un’esperienza ipnotica”.
Il Premio come Miglior Attrice va a Freddie Mosten-Jacob per il film “Suicide Tuesday” di Joakim Paronen (Svezia) “per la fragilità e la sensibilità che ha saputo trasmettere anche solo con uno sguardo. Che sia sbavata dal trucco o senza una macchia, la sua immedesimazione nel personaggio è stata così profonda da averle permesso di portare sempre la verità ogni qualvolta la macchina da presa la inquadrava. Essendo un carattere onnipresente, è stata bravissima a reggere il peso di una storia così potente”.
Il Miglior Attore è Anthony Moudir per il film “Orso” di Bruno Mercier (Francia) “per la capacità di esprimere il suo tormento d’animo di fronte alla confusione che si manifesta nella sua esistenza. Non è facile dare un volto alla tragicità, e lui, di fronte al bivio tra realtà e illusione, ha saputo darne una rappresentazione credibile”.
Il premio per la Miglior Sceneggiatura va a Bruno Mercier per il film “Orso” (Francia) dallo stesso diretto con la seguente motivazione: “Il regista e sceneggiatore Bruno Mercier mette in scena una trama intensa e convincente, alimentata da tormento, disturbo, amore, passione e ambiguità nelle relazioni. I personaggi, insieme ai loro profili psicologici, sono delineati con grande cura. La maestria drammaturgica di Mercier si avverte chiaramente. Il rapporto tossico tra Orso e Louison, e successivamente con la gemella Mara, colpisce lo spettatore con una ferocia inaspettata. I dialoghi risultano sempre pertinenti e mai fuori luogo. Con grande abilità, Mercier ci trascina in una narrazione che ci cattura e inganna. La trama stessa è un gioco ambiguo: realtà o illusione?”
Si attribuisce il Premio per la Miglior Fotografia a Bruno Mercier per il film “Orso” (Francia) di cui firma la regia con la seguente motivazione: “La fotografia di “Orso” è un vero piacere visivo. Ogni inquadratura è curata con una sensibilità unica. Le scelte cromatiche e l’uso della luce non solo esaltano l’atmosfera del film, ma immergono lo spettatore in un’esperienza sensoriale profonda e coinvolgente. “Orso” è un esempio eccellente di come la fotografia cinematografica possa elevare la narrazione”.
Il Premio per il Miglior Montaggio va a Jean Apa del film “Suicide Tuesday” di Joakim Henrik Paronen (Svezia) “per aver saputo raccontare con ritmo chirurgico una storia semplice ma ricca di pathos, sapendo rendere i numerosi flashback funzionali alla narrazione e per aver accompagnato le gesta dei suoi sgangherati protagonisti dandogli il giusto spessore drammaturgico”.
La Giuria del concorso documentari, formata da Federica Zancato, Andrea Grasselli e Silvia Pesce decreta come Miglior Documentario del TUC 2024 “Tornadoes” di Annabelle Amoros (Francia) motivando così la propria scelta: “Il film rappresenta con grande consapevolezza, rigore e disarmante lucidità, di come il capitalismo del paesaggio sfrutta e cerca di prevedere l’inevitabile evento atmosferico per trarne profitti multiformi. Il sonoro allarmante e la tensione costante del fuori campo ritrae l’essere umano che spettacolarizza la natura quando non la può controllare”.
Attribuisce il Premio per la Miglior Regia a Paul-Claude Demers per “Diary of a Father” (Canada) in quanto “They say all pain is bearable if you make it into a story. Si dice che il dolore sia sopportabile se lo si trasforma in una storia. Una lettera possibile e impossibile raccontata da un padre che ripercorre la sua storia familiare e il suo vissuto con maestria attraverso il riverbero dei ricordi. Molto efficace l’accostamento del materiale d’archivio con i paesaggi esterni e le scene ricostruite”.
Il Premio come Miglior Montaggio della sezione documentari va a Enrico Giovannone per “A Loving Act” di Riccardo Bianco (Italia) in quanto si tratta di un vero e proprio “cortocircuito emotivo, un rapporto di coppia castigato e obbligato nel condividere uno spazio psicologico e fisico. La scrittura e il montaggio hanno avuto la capacità di reinterpretare efficacemente le riprese di una camera che è stata ossessivamente sempre presente in un’esposizione del patriarcato non filtrato”.
La Giuria del concorso documentari attribuisce, inoltre una Menzione Speciale all’iraniano “The Shadow Yearning To Fly” di Elham Ahmadi in quanto rappresenta un “urgente ritratto di una generazione che vuole raggiungere il suo sogno e la sua indipendenza economica all’interno di una società corrotta e misogina che produce quasi solo rabbia e dolore. La protagonista nel film pone la domanda, in Iran come altrove: “Possiamo andare avanti secondo la legge in questo Paese?” “No””.
Passando alla Giuria del concorso cortometraggi, composta da Carlo Griseri, Zelia Zbogar e Mattia Napoli, si premia come Miglior Corto il film “Pipsqueak” di Lena Jaworska (Polonia) in quanto “nonostante volessimo premiare un corto sotto i quindici minuti, alla fine abbiamo talmente amato questo film che ci siamo contraddetti. Un addio, un viaggio e una missione, una fisarmonica pesante e un amore da conquistare, un giovane Holden attraversa vite e destini, in un continuo slancio contrapposto allo struggimento e alla decadenza. Questo film, scritto e diretto da Lena Jaworska e interpretato da Miłosz Bachonko è una parabola splendida e impertinente, finanche anticlericale”.
Il Premio per la Miglior Regia va ad Andrii Kokura (“In Paris No One Thinks About Tomorrow” – Ucraina) che “a soli 21 anni si conferma autore consapevole e già maturo, con una precisa idea di cinema e il coraggio di osare nonostante le limitazioni pratiche che gli sono imposte. Con il suo cortometraggio riesce a raccontare anche la tragedia che sta vivendo il suo Paese da un’angolazione originale e coinvolgente”.
La Giuria della Sezione Cortometraggi ha attribuito il Premio per la Miglior Sceneggiatura e quello per la Miglior Interpretazione al film “Vox populi” di Svetlana Yancheva (Regno Unito) con la seguente motivazione: “Un premio sinergico, per un film che si è distinto e che ha incantato e divertito tutti noi. Una scrittura che parte dal personale e locale per raccontarci uno spirito e un’inquietudine collettiva; che usa gli stilemi della satira senza calcare, ricca di idee e di umanità. Un’interpretazione magistrale, nei tempi, nella mimica e nel non detto; un’attrice magnetica e misurata, giocosa e drammatica. Nello specifico la miglior sceneggiatura va a Svetoslav Ovtcharov e la miglior interpretazione va a Svetlana Yancheva”.
Il Premio per la Miglior Fotografia è assegnato a Will Hanke per il film “Beneath a mother’s feet” di Elias Suhail (Regno Unito) perché è “una fotografia che osserva, assedia e abbraccia, capace di costruire racconto nei dettagli quanto nei quadri ampi. Una combinazione perfetta tra necessità narrative e respiro, che oltre alla versatilità, si dimostra capace di sorprendere aprendosi alla suggestione, passando dalla realtà all’effetto speciale, lasciando sempre al centro la protagonista”.
Si attribuisce il Premio per il Miglior Montaggio a Francesco Sossai per il film “Il compleanno di Enrico” dello stesso Sossai (Germania) perché si tratta di “un montaggio tagliente e un sound design implacabile che concorrono a raccontare la trasfigurazione di un pomeriggio di tanti anni fa. Nulla appare reale, eppure tutto lo è. Nell’accostamento delle immagini non si perde comunque mai di vista sentimenti come la tenerezza, la fragilità, l’empatia”.
Rispetto ai premi collaterali, si assegna il Premio per il Miglior Sound Design a Kent Olofsoon per “Zonen” diretto da Nina Jeepson (Svezia) “per il suo eccezionale contributo all’estetica. Guida delicatamente il pubblico, dipingendo abilmente un quadro vivido delle dinamiche spaziali al suo interno. I suoni e le composizioni musicali accompagnano lo spettatore all’interno della soggettiva emotiva dei personaggi, creando una sospensione spaziale e temporale dove il reale si confonde con il surreale. È un notevole risultato nel design del suono che merita i più alti elogi in questo festival cinematografico”.
Infine la Menzione Albe Steiner, proposta dagli alunni del corso di Audiovideo dell’IPS Albe Steiner di Torino, selezionati dal docente Davis Alfano, va, dopo la visione dei dieci film della categoria “Italian Showcase”, a “Ciurè” di Gianpiero Pumo (Italia) in quanto “è un film che racconta con semplicità e autenticità le dinamiche quotidiane e le emozioni dei suoi protagonisti. Grazie alla sensibilità con cui affronta la narrazione, il progetto si distingue per la cura nei dettagli e l’impegno dei suoi realizzatori, rendendolo un’opera che merita di essere apprezzata”.
Accanto al su citato premio ad Ambra Tonini, si annoverano due Menzioni Speciali STREEEN! La prima va a “Father and Jaust” di Jonas Bomba & Josua Zehner (Germania), motivata come segue: “Le immagini sbiadite dei fulmini di famiglia suscitano una tenerezza che si infrange contro la dura realtà del rapporto padre figlio indagato dall’autore. Il freddo mare del nord che fa da sfondo ai loro giorni insieme è cornice e metafora di un rapporto mai davvero pacificato”. La seconda è al Doc Corto “Blue Mountain. White Cloud” di Miglė Križinauskaitė Bernotienė (Lituania) in quanto “il film sa emozionare perché attraverso immagini e suoni evocativi affronta una relazione personale molto particolare con uno sguardo intimo, semplice e delicato che si interroga e ci interroga sul senso complessivo dell’esistenza e della permanenza”.
“Durante il festival le giurie si sono espresse con entusiasmo sulla qualità dei concorsi di questa edizione, in particolare la sezione dedicata ai documentari, che a mio parere potrà solo continuare a crescere”, afferma il Direttore artistico Alessandro Amato.
“I numeri di quest’anno dimostrano che siamo sulla strada giusta e ci fanno ben sperare per il futuro del festival, tanto che stiamo già lavorando alla prossima edizione”, conclude il Direttore generale Mauro Russo Rouge.
Il film di chiusura del TUC11, in anteprima mondiale, è stato l’italiano “H010N” di Luca Canale B., alla presenza del regista e di parte del cast.
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