Un treno con 118 passeggeri a bordo si scontra con un treno merci che ha sei uomini di equipaggio. Lo schianto è tremendo. La prima carrozza si spezza in due tronconi, mentre la seconda si accartoccia e viene trascinata per più di cento metri. Unico superstite del disastro è David (Bruce Willis), un uomo che è uscito più di una volta illeso da diversi incidenti. Elijah (Samuel L. Jackson) , un individuo che è costretto a vivere su una sedia a rotelle a causa della fragilità delle sue ossa è convinto che David sia un supereroe.
L’ascesa di Shyamalan
A 16 anni aveva già scritto e girato 45 cortometraggi e a 17 frequentava la Tisch School of the Arts dell’Università di New York, una delle più prestigiose scuole di cinema degli Stati Uniti; il suo nome è Manoj Nelliyattu Shyamalan, meglio conosciuto come M. Night Shyamalan.
Dopo il tanto acclamato e campione di incassi The Sixth Sense, dell’ormai “lontano” 1999 , il regista indiano torna sullo schermo firmando, forse, la sua opera migliore insieme a The Village e Split. Eh sì, potete già percepire la qualità del lungometraggio sin da ora. Tuttavia quando si parla di Shyamalan, è impossibile trattenere anche un minimo l’entusiasmo, ed è giusto così, poiché, per chi sta scrivendo questa recensione, si tratta di uno degli autori più brillanti e talentuosi degli ultimi decenni.
Forma e sostanza
Qui il nostro, dirige produce e scrive una storia a metà tra un drama/thriller parapsicologico e un film di genere. La versatilità di questo cineasta, del resto, è sempre stata uno dei suoi punti distintivi.
Ma ora, da dove patiamo? Ovviamente da una delle scene iniziali! Nella scena che segue dopo un prologo da brividi, il film si apre con la presentazione del protagonista David (Bruce Willis), che, seduto su uno dei sedili del treno, tenta di flirtare (senza successo, per altro) con una donna che gli si siede accanto, togliendosi la fede nunziale. La scena viene vista in soggettiva dagli occhi di una bambina, impegnata a spiare gli attori dallo spazio dato dai due sedili.
Fin dall’inizio si rimane basiti per la qualità e la tecnica registica adottata: il perfezionismo, le intuizioni, la scelta stilistica di girare questa scena in modo voyeuristico, con la macchina da presa che si sposta, oscilla tra i due sedili, atta a simulare gli sguardi tra David e la donna, risulta confacente, originale e geniale.
E con il montaggio peculiare di Dylan Tichenor, preciso e lento, che dona profondità ad una storia raccontata in modo intimo, unico e profondo, si affianca, quindi, una regia con rapporto a 2.35:1, che risulta ferma e studiata: dolly, crane, dettagli ed particolari di volti e oggetti messi in scena. Primi piani da manuale, come tutto il resto. Impossibile poi, non rimanere a bocca aperta d’innanzi a tutti i flashback, in particolare ad uno ed alla sua efficacissima panoramica dall’alto a 360 gradi, volta a inquadrare un fumetto che Elijah capovolge sottosopra. La macchina da presa, segue quindi il movimento rotatorio del fumetto. Qualcuno ha detto Hitchcock? Beh oltremodo modo geniale!
Personalità e psicologia dei personaggi risultano ben delineate. Il cast garantisce un alto livello recitativo, con Samuel L. Jackson che spicca particolarmente, lo stesso Willis fa un buon lavoro sulla direzione di Shyamalan. Molto in parte anche la moglie di Willis, interpretata da Robin Gayle Wright e dal figlio interpretato da Spencer Treat Clark. Doppiaggio italiano di pregevole fattura per ogni attore, anche i secondari.
La fotografia di Eduardo Serra, improntata su scala di grigi e blu – dunque una palette prettamente fredda – illumina la scenografia di Larry Fulton, Steve Arnold e Gretchen Raudando, donando un vigore terso e confacente a tutta la vicenda. Le musiche di James Newton Howard sono sempre contestualizzate mai melense e ottimamente orchestrate. Una tra le colonne sonore più belle del cinema. Il main theme è memorabile!
Unbreakable non è solo un capolavoro di forma ma anche di sostanza; la sceneggiatura funziona e diversi sono gli spunti per chiavi di lettura e riflessioni su vari temi quali la sofferenza, la solitudine, passando poi per i valori familiari (presenti in ogni film di Night), la scoperta di sé, l’unicità dell’essere umano in quanto tale e l’importanza delle sue azioni.
Prendiamo come paradigma l’antagonista: lo spettatore viene chiamato ad empatizzare con il cattivo, comprendendone le motivazioni seppur (mi auguro) non rispettandole.
Interessante e originale anche la visione che il regista ha del supereroe: “È il supereroe ad essere anche uomo o sono (alcuni) uomini ad essere supereroi?”
Capirete meglio durante la visione, fidatevi…
Sicuramente, nulla nel lungometraggio di M. Night è stato inserito a caso, anche se, a voler trovare l’ago nel pagliaio, alcune scene potevano essere tranquillamente tagliate.
Non entro nel merito del finale, che riserva delle sorprese sia per quanto riguarda la conclusione della vicenda sia per la trovata ad effetto finale, stilema massimo per il quale il regista è conosciuto.
Unbreakable, in conclusione
Avendo incassato globalmente 248,1 milioni di dollari, a fronte di uno stazionamento di 75, Unbreakable è una delle opere più belle, significanti ed eleganti che mi sia mai capitata di vedere e recensire.
Mai un’esplosione fuori posto, un’ effetto speciale incoerente, un eccesso di regia. M. Night Shyamalan, ancora una volta, si riconferma uno dei cineasti più sottovalutati di sempre; un incredibile autore che dissemina nelle sue opere dettagli e segreti, che ad ogni nuova visione impreziosiscono quella precedente. Un uomo a dir poco talentuoso, con grandi idee, anche innovative: eccentrico, pieno di creatività e capacità.
Uno dei suoi lavori migliori quindi, proprio perché tutto, qui, funziona.
Diffidate da chi sentenzia che il ritmo è troppo lento e che nella parte centrale si perde l’interesse per la visione. Non è assolutamente così. Il tutto è intimo, profondo e aulico.
Guardatelo in quest’ottica e, probabilmente, ne rimarrete ammaliati.
Adesso lascio a voi scoprire, o riscoprire, quest’opera immensa, proprio in quanto opera che va scoperta e non raccontata, come tutte le vere opere d’arte.
Buona visione!
Luca Fontana
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