La prima cosa che mi è venuta in mente dopo 30 minuti di visione di Vampyres è l’omeopatia.
Ma come mai guardando un film horror sui vampiri sono riuscito solo a pensare a questo? Semplice: perché la diluizione in Vampyres è tanto importante quanto nella medicina omeopatica.
Prendete un filo di trama, alcuni personaggi senza background e mal delineati, eventi privi di senso, aggiungete abbondante incapacità recitativa ed amalgamate il tutto con un pizzico di casualità.
Se diluite questi ingredienti con inquadrature lunghe, snervanti, in cui si continua a seguire quello che fanno i protagonisti anche se non stanno facendo nulla, avrete creato finalmente Vampyres, film del 2015 diretto da Víctor Matellano e scritto da José Ramón Larraz, pubblicato in Italia dai nostri amici di Midnight Factory.
Il film si autodenuncia nella sua snervante prolissità già nei primi minuti: dopo una breve scena soft porn tra le due vampire (o meglio, due donne nude cosparse di sangue), abbiamo ben 4 minuti di titoli di testa, con una moto che percorre una strada di montagna britannica che somiglia tanto alla Sierra Nevada spagnola.
Più tardi la stessa motocicletta, con a bordo una coppia, cade in una strada trai boschi perché incapace di evitare una sola persona posta al centro della carreggiata. Dopo una breve caduta che causa fin troppa confusione ai passeggeri, la ragazza viene rapita dalla stessa figura avvolta nel mistero e in una tunica nera col cappuccio. Il ragazzo inizia quindi a cercarla ma viene presto sgozzato sempre dalla stessa persona; scopriamo inoltre che in questo mondo narrativo, per bloccare i movimenti di una persona basta poggiarle una mano sulla testa e poi, con calma, tagliare la gola con piacere.
Nel mentre, l’altra parte della combriccola si muove a piedi nel bosco e pianta il campo base di fronte ad un laghetto e ad una casa abbandonata, poco raccomandabile. I tre, una fotografa, un tizio insipido ed un altro ragazzo uscito da poco da una relazione, aspettano I propri amici campeggiando, pescando e raccogliendo rose nere recise, casualmente trovate per i boschi.
Una terzo filone narrativo ci mostra quello che sembra un uomo di chiesa, o un uomo che ha una bibbia nella borsa, che si ferma ad alloggiare ad un hotel vicino (o per meglio dire, uno strano AirBnB in cui vieni accolto molto male) dopo aver raccolto per strada una provocante autostoppista, che senza che lui dica nulla offre in compenso una serata piacevole.
Per non dilungarsi troppo, il resto della storia scorre lentamente fra i tre che cercano di godersi la natura, con poca preoccupazione verso gli amici dispersi e le strane faccende che stanno capitando, e la relazione tra la ragazza, che si scopre essere una delle vampire, e il prete, che si scopre essere una comoda riserva di sangue fresco.
Il film è ispirato all’omonimo del 1974 e sembra più una scusa per far vedere qualche scena lesbo fra le due attrici, intervallata da un paio di momenti di sesso etero tra una delle due vampire e la sacca di sangue takeaway. Se negli anni 70 una scelta del genere aveva senso perché poteva creare scandalo e discussione per via di una società non ancora abituata a pellicole simili, adesso rende la morale della pellicola completamente superflua, perché il concetto è già non solo assimilato ma, per fortuna, parte della normalità.
Per rendere la visione più interessante forse c’era da pensare a qualcos’altro da inserire o aggiornare a livello di trama: i dialoghi non funzionano e sono troppo brevi, rendendo la maggior parte dei personaggi superficiali e, cosa importante, basicamente stupidi. Il non parlare a nessuno delle stranezze che accadono fino quando la situazione è ormai irrecuperabile è purtroppo un difetto grosso ed irritante, contornato da scelte forzate e soluzioni ovvie non prese in considerazione.
Una cosa che mi è piaciuta è il poco riguardo del film verso le sorti dei personaggi, come dovrebbe accadere più spesso nei film horror: non importa se hai appena iniziato una relazione con la tua amica o se sei il protagonista della pellicola, il pericolo è reale e puoi morire da un momento all’altro.
Per il resto, mi sento di dover spezzare una lancia anche a favore del doppiaggio italiano, pulito e credibile, che purtroppo cozza con le facce inespressive o forzate dei personaggi.
Chiudo parlando del finale: non avevo mai assistito a così tanta casualità tutta insieme. Dal momento in cui si scoprono le vampire ed inizia la battaglia finale, gli eventi sembrano scelti tirando a sorte coi dadi, tra protagonisti che continuano a perire per via di mani prontamente poggiate sulla testa e strane fughe su imbarcazioni in un lago grande quanto un campo di calcio.