X – A Sexy Horror Story, diretto da Ti West, è una pellicola in grado sia di ricreare le atmosfere e l’estetica dei film anni ’70-’80, sia di portare sullo schermo un classico film slasher che però, anche se può sembrare paradossale, è molto originale.
Uscito in America pochi mesi fa e oggi, 14 luglio, in Italia, X è sicuramente uno degli slasher migliori degli ultimi anni. La trama è semplice: nel 1979 un gruppo di giovani decide di girare un film porno nelle zone rurali del Texas. Tuttavia, presto si renderanno conto di non essere al sicuro.
Sangue e sesso: una lunga storia d’amore
Ti West, grazie anche ad A24, porta sullo schermo un prodotto capace di rapire lo spettatore e di farlo immergere nelle affascinanti atmosfere anni ’80, creando un intreccio vincente di eros e thanatos. Se la componente sessuale è sempre stata parte integrante dei film slasher, in X, essa è ancora più al centro. Fin dai primi slasher, infatti, troviamo sempre moltissimi elementi legati al campo sessuale e alla sessualità, ma quelli più comuni sono:
– il binomio sesso-morte, uno dei più classici clichés dei film slasher. Infatti, in quasi tutte queste pellicole le coppie che hanno un rapporto sessuale finiscono sempre per essere brutalmente uccise subito dopo, quasi come se il killer le volesse condannare per la loro dissolutezza;
– l’omicidio con arma da taglio come metafora dell’atto di penetrazione. Il killer che violentemente penetra la vittima con un coltello non è altro che la manifestazione di una repressione sessuale o, per dirlo in termini lacaniani, di una forma di godimento mortifero che non è stata sufficientemente simbolizzata, umanizzata.
Ciak, si gira!
In X, il sesso assume una posizione di centralità a livello narrativo, in quanto i personaggi del film raggiungono le zone rurali del Texas per poter girare un film porno. È il 1979 e il porno è ancora fortemente stigmatizzato: Ti West ce lo mostra già nelle prime immagini, attraverso il risoluto discorso di un conservatore che condanna fermamente la libertà sessuale verso la quale la società sta progredendo, per lui la deriva dell’umanità. Capiamo fin da subito, quindi, che i giovani protagonisti stanno andando incontro alla morte e che la loro professione sarà causa della loro condanna.
In X, la sessualità non rappresenta solo una cornice narrativa o un gioco metacinematografico in cui inserire il racconto vero e proprio, ma resterà fino alla fine l’elemento cardine della narrazione in modo piuttosto palese.
Un tuffo negli anni ’80
Un altro punto di forza di X è la sua capacità di ricreare perfettamente l’atmosfera e l’estetica (cinematografica e non) degli anni ’70-’80. Attraverso un lavoro meticoloso, come ci ha spiegato lui stesso, Ti West è riuscito a “riportare in vita” il decennio d’oro del genere slasher, non cercando di “ricreare gli anni ’80, ma di costruire ogni personaggio o ogni situazione come se fosse esistita o avvenuta effettivamente in quegli anni, con tutte le caratteristiche del caso”. Laddove tanti registi in passato anno fallito, Ti West centra in pieno il bersaglio: il suo X è una vincente commistione di passato e presente, uno slasher che non ha niente da invidiare alle grandi pellicole iconiche del genere.
IL TESTO SEGUENTE POTREBBE CONTENERE SPOILER. SUGGERISCO DI NON PROSEGUIRE CON LA LETTURA A COLORO CHE NON HANNO ANCORA VISTO IL FILM.
Un killer “umano”
Il tratto più originale di X è, però, la figura del killer. Se nei classici film slasher troviamo assassini completamente disumanizzati (Jason, Micheal Myers, Krueger, ecc.), vere e proprie macchine che uccidono, il killer principale di X, Pearl (Mia Goth), è un personaggio diverso: un’assassina che ha un movente per uccidere, una donna anziana spietata che però ha un lato umano. Ed è proprio in questo modo che X, pur riutilizzando molti clichés del genere slasher, riesce a essere innovativo. Al centro di tutto c’è la vecchiaia o, meglio, la non accettazione di essa. Pearl è una donna anziana: sul suo volto il tempo ha tracciato rughe profonde sottraendole la giovinezza e la bellezza fisica. Fattori che ella rivede nella giovane Maxine (anch’essa interpretata da Mia Goth) e che, in un certo senso vorrebbe rubarle.
Il doppio ruolo di Mia Goth
Il lavoro svolto da Mia Goth nella sua doppia interpretazione è davvero notevole. Ti West ci ha spiegato di aver desiderato fin dall’inizio che i personaggi di Pearl e Maxime fossero interpretati dalla stessa attrice e di aver subito capito che Mia Goth era perfetta per fare ciò. Ma perché far interpretare a una sola attrice due ruoli così profondamente differenti? Forse perché, come afferma lo stesso West e come sembra dirci alla fine la stessa Pearl, “in fondo loro due sono la stessa cosa”.
A tal proposito è ancor più interessante soffermarsi sull’analisi di questi due personaggi, indubbiamente i più complessi e interessanti della pellicola.
Un’analisi psicanalitica di Pearl e il confronto con Maxine
Maxine è una giovane e attraente donna: si è data al porno per cercare di emergere, di farsi notare, in modo da riuscire ad aprirsi una strada futura come attrice. Maxine è consapevole della propria bellezza, una bellezza che chiede di essere celebrata e che alimenta la sua grande ambizione di voler diventare famosa. Nel primo incontro tra Pearl e Maxine notiamo subito un insolito attaccamento della donna anziana verso la giovane, che per lei non è altro che una sconosciuta. È interessante che il dialogo più significativo di questo primo incontro avvenga davanti a uno specchio: Pearl si confronta contemporaneamente con l’immagine di sé (che lo specchio le restituisce) che con quella di Maxime.
Anche io ero come te, giovane e bella. […] Sarei dovuta diventare una ballerina, ma non sempre le cose vanno come desideriamo…
Pearl
È proprio in questa scena che, a parer mio, possiamo individuare lo scatenarsi della follia di Pearl. La vecchia donna vede due immagini riflesse nello specchio davanti a lei, ma si riconosce in quella giovane e piena di vitalità, in quella di Maxine. La ragazza diventa per Pearl una sorta di immagine ideale, ciò che lei vorrebbe essere ma che non è più, ciò che avrebbe voluto essere ma che non è stata. A livello psicanalitico, possiamo definire Pearl come una “paranoica”. Infatti, per Lacan, il paranoico è colui che si crede innocente, punito da un Altro crudele che vuole il suo male. Un Altro che, solo con la presenza fisica, con l’esistenza, lo minaccia, lo ferisce, lo distrugge. Il paranoico situa sempre nell’Altro (un Altro “persecutore”) la causa della propria infelicità, della propria sofferenza.
La paranoia e l’oggetto persecutore
L’oggetto destinato a diventare l’oggetto persecutore è stato l’oggetto più profondamente idealizzato, […] l’esteriorizzazione più completa del mio Io ideale.
Massimo Recalcati, Jacques Lacan. Desiderio, godimento e soggettivazione, vol. I, s.1., Cortina Raffaello, 2012
Ecco, applicando questo ragionamento (appartenente alla filosofia di Jacques Lacan) ai personaggi del film, notiamo come Pearl e Maxine rientrino perfettamente in questo schema: l’attaccamento che Pearl dimostra fin da subito nei confronti di Maxine è dovuto a una sorta di amore che la anziana signora ha prova per la ragazza (come potrebbe dimostrare anche la scena in cui Pearl entra nel letto della giovane e comincia ad accarezzarla). Un amore legato al fatto che la donna vede in Maxine il suo Io ideale.
Ma, allo stesso tempo, Maxine incarna anche “l’oggetto persecutore”, colei che, attraverso la bellezza e la giovinezza, ricorda a Pearl la cruda realtà, ossia che il tempo ha ormai deteriorato il suo aspetto fisico. Per questo, attraverso la sua presenza, Maxine destabilizza l’equilibrio di Pearl, fa scattare in lei un meccanismo omicida che avrà drammatiche conseguenze e che la porterà a tentare di uccidere anche quell’”oggetto persecutore”.
Le drammatiche conseguenze del rifiuto
In una delle scene successive, Pearl cerca di sedurre il marito, tentando di convincerlo ad avere un rapporto sessuale con lei. È lecito pensare che in quel momento la donna cerchi di essere desiderabile come il suo Io ideale (Maxine): nel momento in cui il marito la respinge, questa sorta di immedesimazione crolla, portando Pearl di nuovo a contatto con una realtà traumatica e inaccettabile. Una scena simile si avrà anche poco dopo, quando la donna tenterà di sedurre RJ (Owen Campbell): l’ennesimo rifiuto, la presa di consapevolezza che nessuno desidera più quel corpo che il tempo ha logorato, non è altro che l’evento che fa scatenare definitivamente la follia omicida di Pearl.
In una scena esteticamente eccelsa, la vecchia pugnala insistentemente RJ dopo avergli trapassato la gola, mentre il sangue del ragazzo schizza sui fanali accesi della macchina con cui lui stava tentando di fuggire: l’accanimento con l’arma da taglio sul corpo morente può essere anche qui vista come metafora dell’atto della penetrazione. Il rapporto sessuale non avvenuto, impedito, fallito, viene sostituito dallo scatenarsi una violenza cieca, folle e brutale che, per i modi con cui avviene, non è altro che un surrogato dell’atto sessuale stesso. Da qui in poi, la follia di Pearl non avrà più alcun freno e il suo odio si riverserà su tutta la troupe del film porno.
Altri personaggi
Sulla figura di Pearl si potrebbero scrivere decine di pagine: la non accettazione dell’invecchiamento e il rimpianto di una giovinezza ormai fuggita e mai vissuta sono il motore principale della storia. E lo stesso Ti West sarebbe d’accordo, dato che ha appena finito di lavorare a un film, che ha come titolo proprio “Pearl”, che racconterà il passato della donna, compreso ciò che l’ha spinta alla follia omicida a cui assistiamo in X.
Pearl e Maxine non sono gli unici personaggi degni di nota in X: tutti i personaggi sono ben caratterizzati, dalla “santerellina” Lorraine (Jenna Ortega) alla diva Bobby-Lynne (Brittany Snow), passando per Wayne (Martin Henderson) e Jackson (Kid Cudi).
Conclusioni
Bisogna davvero faticare per trovare il punto debole di X e, probabilmente, non vi si riesce nemmeno sforzandosi. Unico difetto un finale leggermente sbrigativo che poteva senza dubbio essere gestito meglio. Per il resto, X è forse il miglior slasher degli ultimi anni. I suoi punti di forza, come già detto, sono le atmosfere affascinanti (fotografia e scenografie perfette), la caratterizzazione dei personaggi (soprattutto di Maxine e Pearl), la colonna sonora e le interpretazioni.
X – A sexy horror story è un ottimo film: inizia come un Non aprite quella porta per poi farsi beffa dello spettatore e muoversi in una direzione inaspettata. Non si perde in un gioco citazionistico fine a se stesso, ma utilizza la citazione per rendere la trama ancora più avvincente e originale. Un film che chiunque ami lo slasher deve assolutamente recuperare, possibilmente in sala.